mercoledì 11 dicembre 2013

Termogenesi

Integratori naturali termogenici

Oggi parleremo di integratori naturali termogenici, che utilizzando soltanto la forza dei prodotti della natura ci permetto di stare bene.
La termogenesi è un processo metabolico che consiste nella produzione di calore, questo processo si verifica principalmente nei muscoli e nel tessuto adiposo, tutti i processi metabolici dove c'è produzione di calore si definiscono termogenici. Il calore viene prodotto quando l'energia viene trasformata nei processi ossidativi e catabolici.
 La termogenesi è in relazione al metabolismo, quindi varia a seconda dell'individuo, ci sono molti fattori che regolano il metabolismo fra cui la genetica. Possiamo dire che esistono vari tipi di termogenesi, una di queste può essere indotta anche dagli alimenti, il calore prodotto è misurabile valutando quanti carboidrati o lipidi o proteine vengono bruciati pro kg di peso corporeo al minuto.
Gli integratori naturali termogenici aiutano a dimagrire in modo naturale.
Aligen un integratore naturale prodotto da una azienda di Fauglia a pochi km da noi, contiene piante che possiedono principi attivi termogenici: matè, noci di cola, zenzero, piperina, CoQ10.
Non c'è nulla di più bello che mantenersi in forma in modo naturale, noi l'abbiamo provato è un prodotto davvero efficace. Ovviamente non pensate di dimagrire mangiano kg di pasta sopratutto la sera. Secondo il mio modesto parere, io sono riuscito a dimagrire 20 kg in 3 anni, mangiando meno, facendo ginnastica ed aiutandomi con prodotti naturali specialmente all'inizio della dieta.

giovedì 5 settembre 2013

Società Semplice Agricola

Costituire una Impresa Semplice Agricola

Date le importanti agevolazioni fiscali che possono beneficiare le Imprese Semplici Agricole è importante precisare l'iter per poter costituire una Impresa Semplice Agricola
Se la Società è costituita senza l'apporto di beni immobili, come può accadere nel caso in cui terreni ed eventuali capannoni siano locati, è sufficiente redarre un atto costitutivo in forma di scrittura privata sottoscritta da tutti i soci e registrata entro 20 giorni presso l'Agenzia delle Entrate, previo pagamento  con modello F23 dell'imposta di registro in misura fissa  di euro 168 euro oltre euro 3,72 di tributi speciali ed una marca da bollo di euro 16,00 ogni 100 righe della scrittura privata (atto costitutivo). 
Entro 30 giorni dalla firma dell' atto costitutivo è necessaria l' iscrizione telematica presso il Registro Imprese.
Nel caso in cui vi fosse conferimento di beni mobili registrati o beni immobili, da parte di almeno uno soci, è ovviamente necessario l'intervento di un notaio data la forma dei conferimenti. 

giovedì 8 agosto 2013

Regime Forfettario Agriturismi

Agriturismi: Regime Fiscale Forfettario Si, Regime Fiscale Forfettario No?
In caso di agriturismi che optano per il regime forfettario non dovranno fare la differenza tra entrate ed uscite per il pagamento dell'IVA e dell'IRPEF, ma sono tenuti a versare il 50% dell'IVA fatturata e conteggiare l'IRPEF solo sul 25% del fatturato in base alle aliquote a scaglioni, in soldoni con il regime forfettario è previsto un abbattimento del 75% del fatturato.
La convenienza verso il regime ordinario o quello forfettario, dipende dai costi che un agriturismo ha o deve sostenere. Per semplificare, se un agriturismo dovesse effettuare importanti lavori di ristrutturazione es. 1 milione di euro, molto probabilmente per dieci anni avrà convenienza a non utilizzare il regime forfettario. Ci siamo riferiti ad un arco temporale di 10 anni soltanto perchè i lavori di ristrutturazione saranno ammortizzati in dieci anni.
Ricordiamo inoltre che in caso di opzione per il regime ordinario qualora si usufruisse di contributi a fondo perduto (es. P.S.R.) i contributi verranno detratti dai costi in quanto risulteranno in bilancio un partita di natura positiva, in caso di regime forfettario invece i contributi PSR non saranno tassati.

mercoledì 17 luglio 2013

Agriturismo Toscana


Agriturismo in Toscana che propone un esclusiva torre antica, utilizzata come punto di avvistamento. Il panorama è mozzafiato, la torre è posta nel punto più alto della tenuta, è completamente circondata da vigneti biologici, con una veranda da cui si gode un suggestivo panorama sui borghi medievali vicini e sulle dolci colline dintorni di Pisa. L' alloggio è completamente indipendente è distante 200 metri dall'agriturismo, e comunque possibile usufruire della piscina e di tutti i confort, servizi ed attività dell'agriturismo, forno a legna. Terratetto per 2 persone in agriturismo Toscana.
Animali ben accetti

Prezzi giornalieri per appartamento:
1) Fino al 29.06 euro 61;
2) Fino al 27.07 euro 72;
3) Fino al 24.08 euro 81;
4) Fino al 28.09 euro 66;
5) Fino al 03.11 euro 43;

Il soggiorno non comprende colazione o pasti. I prezzi si intendono al giorno per appartamento. Nessun costo di cancellazione fino a 3 gg dall'arrivo.

Per una corretta compilazione della richiesta prezzi e disponibilità, è opportuno indicare numero di persone, numero di camere necessarie, cellulare, email, il periodo di riferimento ed eventuali servizi extra.

mercoledì 10 luglio 2013

Una Felice Vita Meravigliosa


Ricollegandomi alle sagge parole di Galileo Galilei che Diceva:"Non puoi insegnare qualcosa ad un uomo. Lo puoi solo aiutare a scoprirla dentro di se"; questo post non vuole insegnare niente a nessuno ma sarebbe mia grande gioia saper che qualcuno ne abbia trovato spunto per scoprire dentro di se la Felicità.
Il grande Generale Napoleone Bonaparte recitava “Ci sono due leve per motivare ogni uomo: l'interesse e la paura.” 
In questo periodo di grande confusione sono poche le persone che riescono ad avere interessi motivanti, pertanto in questo post cercherò di agire sulla PAURA. 
Ogni giorno incontro molte mamme per la strada o al mare, mezze esaurite e senza gioia negli occhi a causa del troppo lavoro, la famiglia e le faccende di casa. Mi voglio permettere di dare un consiglio da amico delle donne: "se non puoi diminuire gli impegni sul lavoro perchè altrimenti ti potrebbero licenziare, allora fai meno faccende a casa, qualche volta lascia la casa in disordine e goditi la gioia di avere dei bambini o una persona amata vicino".
Fai leva sulla tua paura e pensa: "E se un giorno non ci fosse più per una disgrazia", pensa a quante cose avresti voluto dirgli o fare insieme (Intendo insieme non portarlo ad atletica o comprargli un gioco), quante carezze avresti voluto fargli prima che si coricasse, ma eri troppo stanca dagli impegni giornalieri.
 Si forse non crederai ai tuoi occhi ma sto facendo leva su una possibile disgrazia per renderti di nuovo felice per ciò che hai. 
Ti faccio ora qualche banale domanda, per farti capire che ogni giorno siamo sempre cocentrati su ciò che NON ABBIAMO invece di concentrarci su ciò che abbiamo, Wayne Dyer ci dice che "Non esiste un sentiero verso la felicità. La felicità è il sentiero, tracciato dalle nostre piccole emozioni che ogni giorno ci possono rendere le persone più felici del mondo e ricordarci che la VITA E' MERAVIGLIOSA".

1° Domanda: Da quando non ti fermi a guardare un bel tramonto? (E se un giorno non ci vedessi più?)
2° Domanda: Da quando non annusi un fiore o piatto prelibato, come facevi probabilmente da bambina?
3° Domanda: Da quando no guardi i tuoi figli come il primo giorno che sono venuti alla luce? 
4° Domanda: Da quando non dici più "CHE BELLO" come facevi quando eri piccola per una semplicissima altalena o un piccola margherita?
5° Domanda: Da quando non ringrazi i tuoi genitori perchè ti hanno permesso di venire alla luce e provare tutte le emozioni sopra riportate, e sicuramente da oggi se non sei una autolesionista ricomincerai a fare, perchè la vita è meravilgiosa soltanto se tu la sai rendere meravigliosa con piccole e gratuite accortezze.
Ogni mattina quando ti alzi pensa alle gioie immense di cui puoi godere senza chiedere niente a nessuno, se necessario dimenticati di mettere in ordine il soggiorno o la camera da letto, pensa ad avere tempo per apprezzare i doni che la vita ti ha donato.
Mi ricordo spesso le parole di mio padre a tavola: "Neanche il presidente degli Stati Uniti pranza come Noi", e vi assicuro che sulla tavola c'era soltanto un piatto di fagioli con cipolle rosse biologiche, un insalata bilogica dell'orto di mio padre, olio profumatissimo e pane tostato. Ma la cosa più importante non era ciò che c'era sulla tavola ma ciò che c'era intorno alla tavola, cioè la mia splendida famiglia.
Qualcuno potrà dire ma io non mi parlo con mia sorella, non ho figli, a costoro rispondo se metti da parte l'individualismo ed il tuo Super Io puoi avere comunque migliaia di amici con cui condividere, cene, escursioni, attività didattiche in fattorie, volontariato, hobby ecc. ecc.
La vita è meravigliosa perchè siamo noi a renderla Meravigliosa. 
Vi racconto un piccolo aneddoto: Un giorno di Agosto ero in giro in moto vicino Volterra, mi fermai per prendere una bottiglia d'acqua ed al barrino c'era una signora di 70 anni con un viso che sprizzava felicità dagli occhi.  Mentre la osservavo Lei mi sorrise, io mi avvicinai e le chiesi cosa stavano realizzando con l'uncinetto,
Lei con gli occhi ancora più gioiosi mi rispose che stava realizzando un abitino per la nipotina, ma sopratutto stavano giocando con le sue amiche a chi parlava meglio dell'altro (Avete letto bene chi parlava meglio dell'altro). Io stupito chiesi: "Cioe'", e Lei con un sorriso a 32 denti mi rispose che in genere le persone parlano male degli altri, invece loro che erano più evolute riesumavano vecchi episodi dove mettevano in evidenza i buoni gesti fatti in passato, e mi assicurava che con queste amiche di vecchia data, ogni giorno venivano fuori cose belle ormai dimenticate, in un solo gioco, queste evolute signore, riuscivano a provare gioia, affetto, eccitazione, orgoglio, comfort, fiducia. Alla fine la signora mi disse: "Caro ragazzo le gioie della vita non sono nelle cose materiali, che oggi ci sono e domani non ci saranno più, ma nelle emozioni condivise con persone care, tu non dovresti andare in giro in moto da solo, ma con amici così quando vi rincontrerete tra 30 anni vi ricorderete a vicenda le emozioni di questo viaggio."
Penso che non occorre aggiungere altro a questo post, il precedente racconto riassume l'essenza di mille parole.
Vi lascio comunque una testimonianza scentifica per asseverare quanto detto in precedenza.
Numerosi esperimenti della famosa Harvard Business School ci testimoniano che l’unico modo per essere Felici è quello di riniziare ad apprezzare le piccole cose della vita e per farlo è necessario individuare ciò che ci appassiona e metterlo al centro della nostra vita.
Ricordando a tutti che la donna è una creatura UNICA e MERAVIGLIOSA che merita il massimo rispetto dagli uomini, auguriamo una nuova VITA MERAVIGLIOSA A TUTTI.

P.S. Questo post è indirizzato indistintamente ad uomo o donna.

giovedì 4 luglio 2013

Agriturismi Toscana: Insetti utili in agricoltura per un orto sinergico

Quanti di voi conoscono le Silfidi?
Spesso vengono confuse con le vespe a causa dei colori, ma anche da lontano si capisce immediatamente che si tratta di Silfidi grazie al loro movimento, infatti riescono a restare immobili in punto grazie al loro veloce movimento delle ali.
Perché oggi accenneremo alla loro utilità nei nostri orti?
La presenza delle Silfidi nell'orto aiuta a combattere naturalmente gli afidi, i quanto le loro larve sono degli investigatori predatrici incallite degli afidi.
Allora come fare per attirare le Necrophorus investigator o comunemente chiamate Silfidi?
Ci viene in contro la permacultura, che ci ricorda che la menta, la calendula, le margherite, i denti di leoni attirano questi meravigliosi ed utilissimi insetti.


Mi raccomando da oggi tutti a salvaguardare le Silfidi anche se non sono così amate come le utilissime Coccinelle (da non confondere con le Cocciniglie molto dannose in agricoltura).

Siamo lieti di conoscere vostre esperienze in merito. A presto.

domenica 19 maggio 2013

Appartamento agriturismo Toscana

SanGiovese camera in piccionaia agriturismo Toscana
Appartamento Sangiovese nel lato sud dell' agriturismo colline Pisane , dotato di due camere da letto di cui una in piccionaia, due bagni, cucina privata con frigorifero, forno, fuochi e stoviglie.
La camera in piccionaia è il punto più alto dell'agriturismo, da cui si vedono tutti i vigneti, e l'appennino. Appartamento per 4 persone con 2 camere da letto,2 bagni e soggiorno con angolo cottura.
Prezzi al giorno per appartamento>
1) fino al 29.06 euro 96;
2) fino al 27.07 euro 106;
3) fino al 24.08 euro 118;
4) fino al 28.09 euro 98;
5) fino al 03.11 Euro 76;


sabato 18 maggio 2013

Agriturismi Toscana: Classificazione in Spighe indice di qualità

Agriturismi Toscana: Classificazione in Spighe indice di qualità
Molti turisti amanti degli agriturismi più volte si saranno domandati come vengono assegnate le spighe di un agriturismo. Per pima cosa è necessario precisare che non ha alcuna attinenza con la classificazione degli hotel, ma la ratio della classificazione degli agriturismi sopratutto in Toscana e rivolta ad una classificazione di qualità dei servizi più che della struttura, con una particolare attenzione alla salvaguardia delle tradizioni del luogo.
Ecco alcuni dei requisiti a scelta dell' allegato B del Regolamento 46/R/04 necessari per l'ottenimento delle spighe:
- Gestione curata da imprenditore agricolo professionale (Iap;
- attuazione del sistema di raccolta differenziata dei rifiuti;
- adozione anche parziale di impianti adeguati al risparmio delle risorse idriche ed energetiche;
- utilizzo anche parziale di fonti energetiche alternative e/o a basso impatto ambientale;
- recupero di fabbricati aziendali collocati in aree di pregio ambientale e/o recupero di edifici classificati di interesse storico e architettonico;
- presenza di fabbricati di particolare pregio storico;
- presenza di fabbricati restaurati con criteri di bioarchitettura e/o con utilizzo di materiali naturali e tradizionali e/o nel rispetto dei criteri architettonici del territorio che ospita l'azienda;
- presenza di fabbricati arredati con elementi tipici della tradizione rurale e/o di particolare pregio storico;
- presenza di testimonianze botaniche, architettoniche, storiche in azienda;
- disponibilità di spazi comuni per momenti di incontro tra imprenditori e ospiti;
- spazio esterno attrezzato con barbecue e/o forno esterno e/o arredi in materiali naturali e rispettosi della tradizione;
- gestione curata da imprenditore dotato di attestato di qualifica di operatore agrituristico conseguito partecipando a corsi professionali specifici. Dalla pubblicazione del presente regolamento, a questo fine, sono validi solo i corsi organizzati da soggetti autorizzati ai sensi della vigente normativa in materia di formazione professionale;
- azienda faunistico-venatoria e/o azienda agrituristico-venatoria;
- attrezzature per attività sportive all’aperto;
- percorso naturalistico didattico attrezzato;
- disponibilità di locale attrezzato per la degustazione;
- disponibilità di locale attrezzato per la vendita dei prodotti;
- trasformazione e lavorazione dei prodotti;
- visite guidate alle attività aziendali;
- passeggiate a cavallo;
- trekking a piedi e/o passeggiate in bicicletta;
- altre attività sportive e ricreative legate alla valorizzazione e alla conoscenza dell’ambiente rurale;
- corsi di cucina;
- corsi di degustazione e assaggio;
- allevamenti di specie autoctone o a denominazione di origine;
- allevamenti biologici e/o Agriqualità;
- altri tipi di allevamento bovino, ovino, suino, caprino, animali di bassa corte e struzzi;
- coltivazioni di prodotti a denominazione di origine;
- presenza orto familiare;
- coltivazioni di prodotti tradizionali;
- coltivazioni biologiche e/o coltivazioni Agriqualità;
- corsi di artigianato legato alle attività rurali;
- attività didattiche per gli ospiti;
- attività didattiche per bambini;
- attività didattico-ambientale;
- orto didattico;
- ristorazione con prevalenza di prodotti aziendali e comunque esclusivamente del comprensorio su cui insiste l’azienda;
- ristorazione con menù esclusivi del comprensorio su cui insiste l’azienda;
- divulgazione delle conoscenze relative alle lavorazioni e/o alla trasformazione dei prodotti aziendali;
- divulgazione delle conoscenze relative alle attrezzature moderne e antiche utilizzate per le produzioni aziendali.

venerdì 10 maggio 2013

Lettera di Giovanni Paolo II alle donne

Oggi vogliamo postare una lettera di Papa Giovanni Paolo II, in onore delle donne, e con la speranza che il Femminicidio finisca al più presto o quanto meno che inizi a diminuire.

GRAZIE DONNA

Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell'essere umano nella gioia e nel travaglio di un'esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.
Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita. Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.
Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l'indispensabile contributo che dai all'elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del «mistero», alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.
Grazie a te, donna-consacrata, che sull'esempio della più grande delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all'amore di Dio, aiutando la Chiesa e l'intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta «sponsale», che esprime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura.
Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani.

sabato 4 maggio 2013

Agriturismi Pisa: Rimedi Naturali Sensibili

Fattoria Didattica Agriturismi Pisa: Un occasione di incontro per riscoprire i rimedi della tradizione erboristica. Parleremo dei rimedi più comuni per rispondere ai malesseri stagionali della famiglia e sopratutto verso la salvaguardia dei bambini. Un pò come un pronto soccorso verde nelle comuni situazioni che si incontrano durante l’anno: - raffreddori, febbri, mal di testa o di pancia, ecc… con un occhio rivolto alla prevenzione sempre con l’uso di piante, erbe ed eventuali consigli alimentari. L’intento è di riavvicinare le persone ai rimedi naturali e sensibili che nelle generazioni stiamo dimenticando … I rimedi sensibili della natura Un incontro per scoprire i migliori alleati che arrivano dal mondo delle piante. Come curare noi e i nostri bambini in modo semplice, economico e rispettoso dalla sensibilità del benessere per il proprio corpo alla cura dell’ambiente in cui viviamo.

Consigli per il benessere quotidiano e sui rimedi di emergenza per i più comuni malesseri stagionali. Dalla tradizione erboristica popolare, un pronto soccorso verde da tenere in casa per la salute di tutta la famiglia. Attività pratico manuali per imparare come preparare autonomamente prodotti per il benessere. Data: • 19 maggio: domenica pomeriggio 15:30-17:30 Presso: zona Lari, Usigliano (PI) Costi: 20€ comprensivo di tessera (potete portare i vostri bambini, lo spazio è ampio e possono partecipare) Dott.ssa Mira Tonioni: Erborista, Naturopata ed educatrice di agricoltura e alimentazione sensibile iscrizioni e info: info@perterra.it mira.tonioni@alice.it tel 3393410100

lunedì 29 aprile 2013

Prelazione agraria: chiarimenti

Il diritto di prelazione agraria nasce con lo scopo di favorire: •la ricomposizione fondiaria (prelazione del confinante),
•la tutela dell’integrità dell’azienda agricola (prelazione del partecipante),
•il mantenimento all’interno della famiglia del patrimonio aziendale (prelazione del coerede),
•la continuazione dell’impresa agricola già stabilita sul fondo (prelazione dell’affittuario).

Il diritto di prelazione per l'acquisto dei terreni condotti in affitto o confinanti è riservato ai coltivatori diretti o alle società agricole di persone, ma solo se almeno la metà dei soci è in possesso della qualifica di coltivatore diretto o IAP. Ricordiamo in ogni caso per per aver diritto ad esercitare il diritto di prelazione agraria occorrono sia per l'affittuario che per il confinante almeno 2 anni di contributi INPS e per l'affittuario è necessario che il contratto di locazione sia in essere almeno da due anni, NON aver VENDUTO nel biennio precedente fondi di estensione compresa tra uno e i tre ettari, in base alla località e alla classe catastale, per un frutteto o vigneto.
Rimangono in ogni caso escluse dal diritto di prelazione tutte le società di capitale. Il confinante ha diritto di prelazione agraria purchè sul fondo posto in vendita non ci sia l’affittuario e purchè non ci siano strade che dividano i due fondi.
Fra tutte queste prelazioni esiste una GERARCHIA: la prelazione del partecipe all' impresa familiare prevale su quella del coerede, che a sua volta prevale su quella dell’affittuario, e quest’ultima prevale su quella del confinante. Qualora l’affittuario rinunci, la prelazione non passa al confinante e quindi il fondo risulta libero da qualsiasi prelazione.
Esercizio del DIRITTO di PRELAZIONE: tale diritto deve essere esercitato entro 30 gg. dal ricevimento del compromesso o verbale di aggiudicazione (in caso d’asta) attraverso l’invio di una raccomandata AR. , anche se la norma permette una comunicazione verbale, tale modalità per ovvi motivi è da sconsigliare; L’accettazione non deve essere condizionata, è sufficiente comunicare l’accettazione del compromesso così com’è, senza l’aggiunta di nessuna clausola, anche se migliorativa per il venditore, pena la perdita del diritto.

giovedì 25 aprile 2013

Agriturismo Toscana: Le cose importanti della vita

Oggi voglio postare questa immagine con un aneddoto che racchiude in poche parole le grande priorità della vita. Spero che vi piaccia. Attendo tanti commenti. A presto.

domenica 21 aprile 2013

Colluttorio naturale fatto in casa

Oggi posteremo una antico colluttorio usato da mio nonno e prima ancora dal mio bis-nonno. Come tutti sanno dopo i pasti il ph della bocca si abbassa e può favorire un ottimo ambiente di sviluppo per i batteri della bocca che attaccano il cibo presente fra i denti, e quindi anche il dente stesso e le gengive. Per ovviare questo oltre che spazzolare bene i denti è opportuno utilizzare un colluttorio naturale, sia perchè almeno sappiamo di non introdurre nella nostra bocca sostanze chimiche, sia perchè 3 volte meno caro del colluttorio tradizionale. Per la preparazione useremo: mezzo bicchiere di aceto bianco e mezzo bicchiere di acqua, per chi soffre di gengive infiammate o alitosi è consigliabile inserire due goccie di olio essenziale di salvia e due di eucalipto (al posto dell'olio essenziale è possibile inserire le foglie delle rispettive piante, bollirle e filtrarle). Bastano 50 secondi e l'igiene e garantita. Suggeriamo sempre di sentire il parere del proprio dentista per accertarsi della validà di questo semplice colluttorio. Ciao a tutti e bocca sana per sempre.

domenica 7 aprile 2013

Strategie di riduzione dei danni del cinghiale

Strategie di riduzione dei danni

Situazione attuale, censimento e monitoraggio

Se consideriamo un arco temporale che parte dalla fine del secondo conflitto mondiale ad oggi, è possibile osservare una forte espansione, numerica e spaziale, delle popolazioni di cinghiale (Sus scrofa) in tutta l’Europa centrale e occidentale (Melis et al., 2006; Moretti, 1995; Neet, 1995; Baubet, 1998; Marsan et al., 1995; Boitani et al., 1995; Mazzoni della Stella et al., 1995; Onida et al., 1995; Peracino e Bassano 1995; Gethöffer et al., 2007; Sodeikat e Pohlmeyer, 2002; Acevedo et al., 2006; Saenz de Buruaga et al., 1991; Herrero et al., 1995; Nores et al., 1995; Fruzinski, 1995; Csányi 1995). Le ragioni della crescita della popolazione non sono acclarate e definitive ma si possono ricondurre alla scarsità o all'assenza di predatori naturali come il lupo (Canis lupus) (Mattioli et al. 1995) e la lince (Lynx lynx) (Nores et al. Op. Cit.), ai profondi cambiamenti del paesaggio che, in Italia come in tutta Europa sono da ascrivere alla intensificazione delle pratiche agricole ed in particolare alla monocoltura del mais su grandi superfici (Fruzinski op. cit.); all'abbandono della zootecnia tradizionale che ha reso disponibili risorse trofiche prima precluse al cinghiale dal pascolo gestito (Saenz de Buruaga et al. op. cit., Nores et al. op. cit.) ed in fine, come ad esempio in Italia, il cinghiale ha beneficiato del rimboschimento delle zone collinari e montane a seguito dell’abbandono da parte dell’agricoltura di numerose zone di collina e di montagna.
Inevitabilmente, l'aumento incontrollato delle popolazioni del suide ha provocato numerosi motivi di conflittualità con l’uomo ed in particolare si è reso responsabile di un aumento dei danni alle colture (Macchi et al., 1995; Onida et al., op. cit., Schley e Roper, 2003). Il cinghiale è una specie onnivora, il cui regime alimentare di solito consiste in frutti di bosco come ghiande, faggiole, nocciole e castagne, bacche, radici, tuberi, bulbi, larve di insetti, lombrichi e altri invertebrati e piccoli vertebrati come anfibi, rettili, roditori e uccelli o anche carogne (Genov, 1981; Dardaillon, 1987; Onida et al. op. cit.; Groot e Bruinderink Hazebroek, 1994; Fournier-Chambrillon et al., 1995; Asahi, 1995; Baubet et al., 2003; Gómez et al., 2003; Schley e Roper op. cit.). La specie completa la sua dieta, tra le altre cose, con mais, vari cereali, e uva (Schley e Roper op. cit.; Onida et al. op. cit.) e provoca danni a prati e pascoli con il grufolamento rivoltando la terra in cerca di invertebrati del suolo (Gallo Orsi et al., 1995; Onida et al. op. cit.; Baubet et al. op. cit.), entrando in conflitto con le attività antropiche. La gestione della fauna selvatica deve essere basata sulla conoscenza dei parametri di popolazione come il numero degli effettivi e la loro struttura demografica (Andrzejewski e Jezierski, 1978; Geisser e Reyer, 2005; Genov et al., 1994; Gethoffer et al., 2007; Mitchell et al., 2007; Sabrina et al., 2009; Miller et al., 1997; Waithman et al., 1999; Sweitzer e Van Vuren, 2002). La stima della consistenza del cinghiale è spesso basata sui dati cinegetici. Questi metodi sono però molto imprecisi e hanno dimostrato che spesso non possono correttamente stimare le dimensioni di un popolazione (Monaco et al., 2003).
Come in altri paesi europei, anche in Italia negli ultimi decenni il cinghiale (Sus scrofa) ha notevolmente ampliato il proprio areale, dimostrando una grande adattabilità alle condizioni ecologiche più varie. Tra gli Ungulati italiani esso riveste un ruolo del tutto peculiare, sia per alcune intrinseche caratteristiche biologiche (si pensi ad esempio ai tassi potenziali di accrescimento delle popolazioni), sia perché è indubbiamente la specie più manipolata e quella che desta maggiori preoccupazioni per l’impatto negativo esercitato nei confronti di importanti attività economiche. L’evoluzione dell’areale distributivo del cinghiale nel nostro Paese è stata caratterizzata da un andamento sorprendente, tanto per l’ampiezza dei nuovi territori conquistati quanto per la rapidità con cui il fenomeno si è verificato. Nel giro di circa trenta anni, infatti, l’areale si è più che quintuplicato, interessando interi settori geografici ove il cinghiale mancava da molti decenni, se non da secoli, creando di conseguenza un crescente interesse venatorio per la specie, ma una condizione nuova e difficilmente controllabile, in particolar modo nelle aree intensamente sfruttate dal punto di vista agricolo dove l’effetto negativo si è concretizzato in un progressivo aumento dei danneggiamenti alle colture. L’impreparazione tecnico-politica, ha aggravato in maniera considerevole il fenomeno poiché, principalmente tra gli anni ’70 e 80 del novecento, non si è stati in grado di dare la giusta importanza al fenomeno dell’espansione demografica dell’ungulato. Un’approssimativa stima quanti-qualitativa delle popolazioni colonizzatrici, un’inadeguata applicazione delle politiche di gestione (ripopolamenti e reintroduzioni, sia in aree venabili sia in aree protette) e l’assenza di strategie di lungo respiro, non richieste dalle spinte settoriali che di volta in volta si sono manifestate, hanno prodotto nel corso del tempo un fenomeno indesiderato causato dagli animali selvatici che, ben adattatisi a tutti gli ambienti, hanno acuito il conflitto di interessi, tra cacciatori, agricoltori, ambientalisti e politici. La storica massiccia presenza del cinghiale in Europa e l’impatto ad esso riconosciuto sulle coltivazioni agrarie ha stimolato numerose esperienze di ricerca applicata sul territorio in numerosi Paesi occidentali. I diversi studi hanno dimostrato che, nelle aree ad agricoltura intensiva o negli ambienti agro-silvo-pastorali, laddove vi è presenza del cinghiale esiste una costante pressione sulle attività produttive che molti definiscono fisiologica. I risultati indicano chiaramente quindi che, invece di prefiggersi un’improbabile eliminazione dei danni, sarebbe piuttosto necessario minimizzarli e delineare strategie territoriali specifiche finalizzate al raggiungimento di un punto di equilibrio tra le esigenze antropico-sociali e quelle delle popolazioni animali selvatiche. Come da tempo anche da noi segnalato (Esposito, 1998) i danni provocati dal cinghiale non dovrebbero essere un semplice strumento di distribuzione di fondi alle popolazioni residenti, ma dovrebbero essere considerati dal mondo agricolo come una componente intrinseca degli agroecosistemi con cui è necessario convivere. Raggiungere però l’equilibrio conflittuale non è cosa facile, in particolare nei paesi a forte industrializzazione e indice di urbanizzazione. In queste condizioni è sempre più necessario individuare strategie gestionali complesse che mirino alla riduzione dei danni e all’accettazione del prelievo fisiologico. Qualunque strategia deve essere strutturata su di un processo metodologico ordinato e costante basato sulla raccolta dei dati (storici e attuali) relativi alle differenti aree interessate dai danneggiamenti accertati (sia in aree protette che ffuori), oggetto di prelievo venatorio o di gestione conservazionistica.
La gestione di una specie e della popolazione insistente in un determinato territorio non può prescindere dalle interazioni che questa instaura con l’intera biocenosi presente nello stesso ambiente, incluso l’uomo e le attività ad esso connesse. Prima di proporre qualsisia azione gestionale indirizzata al controllo di una specie, è indispensabile effettuare uno studio preliminare, storico ed attuale, teso a descrivere lo stato della popolazione cui si fa riferimento definendo la sua dimensione, la sua distribuzione e la sua struttura. Quanto affermato è valido, in linea teorica, per tutti gli esseri viventi e può essere applicata anche ad una popolazione di cinghiale. I metodi di stima dei parametri di popolazione diversificano tra di loro in funzione della specie e degli ambienti che li ospitano, così l’efficacia massima del metodo e della tecnica scelti dipendono dalle diverse caratteristiche ambientali (diversa copertura del suolo, tipo di ecosistema e di habitat) valutate nella loro intera complessità in funzione di ciò che si vuole indagare (Massei & Toso, 1993):
– Nelle aree di pianura o in aree con scarsa copertura forestale viene preferito il conteggio delle orme degli animali (foto 46 e 47). Tale tecnica, che non permette di stabilire il sesso e quindi la sex ratio della popolazione, fornisce informazioni poco dettagliate e deve essere effettuata o su terreni innevati (il giorno successivo alla nevicata) oppure su terreno soffice dopo una pioggia.
– Nelle aree fittamente boscate ma con buona presenza di radure è possibile utilizzare il metodo del conteggio diretto degli animali. Con il conteggio diretto è possibile effettuare una buona stima quantiqualitativa degli individui che compongono le popolazioni con la possibilità anche di censire i verri adulti che frequentano saltuariamente le aree di osservazione. La conta può essere effettuata da postazioni sopraelevate (figura 1, altane) situate in radure con buona visibilità e nelle quali siano stati predisposti siti di foraggiamento (governe) per attirare gli animali.
– Nei boschi fitti ed estesi l’unica tecnica possibile è quella della battute su aree campione. Il sistema per battuta ha la necessità di essere effettuato utilizzando un gran numero di uomini e cani e gli viene riconosciuto il merito di identificare le popolazioni segregate o già note all’interno di aree circoscritte.
La regolarità della raccolta dei dati e il confronto degli stessi costituiscono un operazione nota come monitoraggio. La validità del monitoraggio dipende dalla continuità della raccolta dei dati che rende possibile il confronto tra i diversi anni e le diverse stagioni, aspetto fondamentale per ottenere informazioni vicine alla realtà e condiziona le scelte gestionali da adottare. La costruzione delle serie storiche costituiscono una base indispensabile per evidenziare le tendenze evolutive dell’impatto della specie sulle risorse naturali e coltivate. Per la raccolta dei dati è necessario approntare una scheda completa ed accurata che includa i dati relativi a tutti gli eventi di danno precisamente localizzati avvalendosi del metodo di georeferenziazione (rilievo delle coordinate geografiche mediante un GPS). Il costante controllo della distribuzione geografica e dell’entità dell’impatto provocato dal cinghiale costituisce un aspetto essenziale per approntare una strategia di gestione finalizzata alla riduzione del conflitto tra l’uomo e l’animale. La conoscenza accurata del fenomeno “danno” permette, infatti, di effettuare interventi mirati di prevenzione e, se abbinata al monitoraggio delle dinamiche di popolazione, consente di definire le densità-obiettivo compatibili con le attività agricole.

martedì 26 marzo 2013

Come limitare i danni dei cinghiali


Come limitare i danni dei cinghiali negli agriturismi in Toscana

I metodi contenimento dei danni causati dal cinghiale alle coltivazioni agrarie

si possono ricondurre a due tipologie principali:

– Prevenzione dei danni.

– Riduzione della densità di popolazione.

Prevenzione dei danni negli agriturismi in Toscana

Il metodo di prevenzione dei danni si basa sull’applicazione di tre tecniche

principali:

1) Uso di repellenti.

2) Applicazione di recinzioni.

3) Pratica del foraggiamento complementare.


 I repellenti sono rappresentati da sostanze chimiche o da dissuasori acustici che sono in grado di ostacolare gli animali e ridurre l’accesso di questi alle coltivazioni.
Numerose sostanze chimiche agiscono sul sistema olfattivo o gustativo del cinghiale con effetto repellente . Le sostanze repellenti vengono applicati estensivamente alle colture annuali, ma anche individualmente nel caso delle piante da frutto o dei vigneti. È stato dimostrato però, che la maggiore efficacia si registra nei 3-4 giorni successivi all’applicazione (Vassant e Boisaubert, 1984) mentre successivamente l’effetto repulsivo diminuisce sensibilmente, sia per l’insorgere di una certa assuefazione da parte degli animali, sia per il dilavamento del prodotto operato dagli agenti atmosferici.

Dissuasori acustici

La produzione di suoni e di rumori irregolari crea situazioni di insicurezza negli animali che tendono ad allontanarsi dalle aree sensibili.
La prevenzione di tipo acustico può essere realizzata secondo differenti modalità che si avvalgono di detonatori a salve, apparecchi radio a frequenza programmabile o registratori che diffondono il segnale di allarme tipico dei cinghiali quando si trovano in situazioni di pericolo.

Anche in questo caso, l’efficacia del metodo si dimostra molto limitata nel tempo: dopo pochi giorni generalmente si osservano i primi fenomeni di assuefazione ed in breve tempo gli animali finiscono per ignorare del tutto il rumore (Gorreri, 2000).


2) Le recinzioni. Per evitare l’invasione da parte dei cinghiali di aree coltivate non molto ampie, è possibile alzare barriere fisiche di differente tipo.

Recinti permanenti

L’uso di strutture come pali, reti metalliche semi-interrate  e stabilizzate con cordoli di cemento, rappresentano barriere praticamente impenetrabili dai cinghiali e dovrebbero essere quindi considerati la prima scelta per la difesa degli appezzamenti di terreno dai danni da fauna
Tuttavia, numerosi sono i fattori limitanti al loro uso (Picco, 2006):

- Elevati costi di impianto.

- Ostacolo alle lavorazioni agricole meccanizzate.

- Idonei per la protezione di ridotti appezzamenti di particolare pregio (vivai, orti).

- Alto impatto paesaggistico su ampie superfici.

- Alto impatto ecologico rappresentando un limite anche per gli spostamenti degli animali selvatici.

Recinti temporanei

Sono molti le aziende vitivinicole in Toscana che ricorrono alla delimitazione di aree di modeste dimensioni  con una serie di paletti di sostegno ai quali vengono fissati, mediante appositi isolatori, due o tre fili elettrificati attraverso batterie a 12 V, pannelli solari o, dove possibile, dalla normale linea elettrica di 220 V. Il montaggio va eseguito con cura e seguendo le asperità del terreno.

Si tratta quindi di recintare una superficie con una vera e propria rete elettrificata o con dei semplici fili percorsi da corrente. I fili elettrificati sono quelli maggiormente utilizzati (miglior rapporto costi-benefici) anche se non garantiscono una perfetta protezione dai cinghiali. Nel caso vengano utilizzati due fili, questi sono posti ad un’altezza di circa 25 e 50 cm da terra, mentre quando si utilizzano tre fili questi sono fissati ai paletti a 10, 30 e 60 cm.
Nella parte inferiore della recinzione installare i conduttori elettrici ad un intervallo più ravvicinato rispetto alla parte superiore.
I cinghiali hanno l'abitudine di forzare le recinzioni passandovi sotto. Per ciò che concerne le recinzioni elettrificate succede quindi spesso che, al primo contatto, l'animale le superi, distruggendole.

Il sistema di elettrificazione è costituito da apparecchiature che emettono impulsi brevi e ad alto voltaggio e che consentono di conservare l’elettrificazione dei recinti anche in caso di corto-circuiti che si possono verificare per il contatto con la vegetazione.

L’efficienza dei recinti elettrificati, considerata potenzialmente elevata, è legata alla scrupolosa e regolare opera di ispezione e manutenzione

(Massei & Toso, 1993)

Un cavo in basso e un nastro più visibile in alto sono di norma sufficienti per tenere lontani i cinghiali dalle culture.
Le modalità di installazione delle recinzioni sono riconducibili a due:
1) completa recinzione delle singole parcelle coltivate ed appetite dal cinghiale;
2) disposizione lineare di tratti a rischio, per esempio zone di confine tra bosco ed aree coltivate.
3) I Diversivi. In aggiunta ai metodi di prevenzione diretta del danno da cinghiale è possibile utilizzare tecniche preventive di natura indiretta che distraggono gli animali e li invogliano ad utilizzare risorse alimentari
diverse da quelle coltivate.
Il metodo prevede la somministrazione in bosco di cibo complementare (foraggiamento), almeno in parte, alternativo a quello offerto dalle piante coltivate e mostrando agli animali condizioni di elevata produttività dell’ecosistema forestale, sebbene artificialmente potenziate.
La possibilità da parte degli animali di non abbandonare la protezione e il rifugio propri dell’habitat frequentato normalmente. L’offerta alimentare supplementare può essere fatta con modalità e tempi che variano a seconda delle diverse situazioni:
- Potenziamento delle risorse trofiche quando quella naturale del bosco risulta essere scarsa.
- Programmazione degli interventi supplementari tenendo conto delle disponibilità trofiche naturali e dei tempi di maturazione delle colture da proteggere.
- Destinazione di piccoli appezzamenti di terreno agricolo alla coltivazione di “colture a perdere”.
In questo tipo di interventi è di cruciale importanza la corretta identificazione delle aree da coltivare, che devono essere localizzati ai margini del bosco, o addirittura al suo interno, ed in prossimità delle zone di rimessa degli animali, in modo da assicurare le condizioni di tranquillità necessarie a favorire la frequentazione da parte dei cinghiali. Infine, sarà necessario lavorare e fertilizzare adeguatamente tali appezzamenti e, secondo le normali pratiche agricole, attuare una rotazione delle colture, avendo cura di utilizzare le varietà precoci per le parcelle poste in mezzo al bosco, dove la scarsa qualità del suolo e la ridotta insolazione tendono a ritardare lo sviluppo della vegetazione (Calenge et al., 2004).
A cura  della Dott.ssa Amato (Disponibile per consulenze)

sabato 16 marzo 2013

I danni agricoli del cinghiale in Toscana

Sebbene non sia un criterio obiettivo e preciso, poiché ignora quasi del tutto il danno ambientale in senso lato, lo studio analitico delle denunce effettuate dagli agricoltori ai fini del rimborso dei danni da fauna selvatica indicano grosso modo le principali tipologie di danno. Considerando che tutte le Regioni Italiane applicano l’articolo 26 della Legge 11 febbraio 1992 n. 157, è possibile dedurre che, in Italia, oltre l’80% dei rimborsi dei danni da fauna selvatica è attribuito al cinghiale (Toso & Pedrotti, 2001; Toso, 2006) e che le colture maggiormente coinvolte risultano essere quelle di mais (Zea mays). I campi di mais (foto 42) sono utilizzati dai cinghiali sia per il nutrimento che essi traggono dal consumo delle pannocchie, sia per il rifugio che la coltura offre loro quando l’altezza media delle piante raggiunge il metro e mezzo. Nei confronti del mais l’impatto della specie si concentra sostanzialmente in due fasi distinte dello sviluppo della pianta: nel periodo immediatamente successivo alla semina, con asportazione del seme e quindi successiva perdita di una certa quota di raccolto e nella fase della maturazione latteocerosa della pannocchia (foto 42), con abbattimento del fusto e asportazione del prodotto (Macchi et al., 1995).
Foto 43. Asportazione del prodotto in fase di maturazione latteo-cerosa I danni registrati sono provocati su colture specifiche ed il fenomeno è spiegato dalla necessità di scegliere gli alimenti coltivati in funzione delle interazioni con una serie di fattori ambientali che indirizzano le scelte alimentari delle popolazioni di cinghiale. Ad esempio, nelle zone di pianura sembra che i danni ai prati coltivati siano maggiori rispetto alla montagna o alla collina dove i pascoli sono devastati dall’azione di rivoltamento del cotico erboso (rooting) con effetti di erosione anche pericolosi in aree con pendenza pronunciata (Massei & Toso, 1993).
Una presenza eccessiva di cinghiali in determinate aree si rende responsabile di danni sui cereali autunno-vernini lungo tutto l’arco del ciclo colturale: asportazione del seme subito dopo la semina; attività di rooting durante la levata; pascolamento durante la fase di accestimento e calpestio; asportazione di prodotto dalla maturazione lattea al raccolto.  Colture sulle quali i danni sono abbastanza limitati per quanto riguarda l’estensione ma molto elevati se si considera l’aspetto economico sono gli alberi da frutto inclusa la vite (foto 43 e 44). Durante i periodi secchi e siccitosi (fine estate) non è raro osservare cinghiali che soddisfano i fabbisogni di acqua e zuccheri attraverso l’ingestione di grappoli di uva. Foto 44 e 45. Grappoli d’uva strappati da cinghiali durante invasione di vigneto Danni considerevoli sono lamentati in zone di importanza vitivinicole con cultivar pregiate (Toscana, Piemonte) dove il risarcimento elevato contribuisce a far lievitare l’ammontare degli indennizzi. Tra i principali fattori che influenzano i danni alle coltivazioni vengono riconosciuti con certezza: - Alto valore energetico degli alimenti coltivati; - Concentrazione delle risorse agricole in spazi ristretti e facilmente accessibili; - Ampiezza delle aree di transizione tra il bosco e le aree aperte (Lescourret e Gerard, 1985); - Distanza dei campi coltivati dal bosco e dalle aree di rifugio(Wilson C. J., 2004; Calenge C. et al., 2004); - Disponibilità risorse trofiche nel bosco (Vassant e Breton, 1986);
Una delle maggiori difficoltà che si incontrano per la valutazione dell’impatto socio-economico imputabile al cinghiale consiste nell’ottenere informazioni affidabili sulle consistenze delle popolazioni e sull’entità dei prelievi che determinano un aumento dei problemi connessi alla pianificazione delle attività gestionali e rendono difficoltosa l’individuazione di un’incisiva strategia complessiva per la gestione della specie. Il forte impatto negativo che il cinghiale esercita su alcune attività di interesse economico contribuisce, inoltre, ad acuire i contrasti tra categorie sociali (cacciatori, agricoltori ed enti pubblici) con interessi divergenti. L’aumento esponenziale dei conflitti e delle polemiche tra le parti, testimonia l’importanza e l’attualità del problema. Il proliferare delle richieste di risarcimento dei danni, di contenimento delle popolazioni e dei piani di gestione e di controllo, confermano la necessità e l’urgenza di individuare strategie organiche e complessive in grado di appianare conflitti apparentemente insanabili. Le strategie adottate devono contemporaneamente garantire un’adeguata conservazione della specie in natura e una sufficiente disponibilità di soggetti per un razionale utilizzo ai fini venatori. Una scelta strategica in grado di soddisfare i parametri sopra esposti è resa più difficile dall’attuale situazione gestionale e dall’eccessiva frammentazione del territorio in istituti di gestione faunistica con differenti finalità. La limitazione dell’attività venatoria all’interno degli istituti di protezione della fauna (creati con finalità di conservazione per altre specie) e la differente programmazione, spesso adottata dalle Aziende Faunistico-Venatorie impediscono, di fatto, un’adeguata pianificazione della gestione di una popolazione nel suo complesso ed accresce le tensioni sociali nei rapporti tra categorie caratterizzate da interessi contrastanti. L’impatto economico del cinghiale sull’ecosistema agricolo può essere quantificato valutando i valori delle perdite dirette delle produzioni agricole e delle spese sopportate per la prevenzione dei danni. Un ulteriore valore economico può essere stimato ed è quello derivante da un investimento alternativo producibile considerando la somma delle due voci precedenti. Da un’indagine realizzata dall’ex Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi ISPRA) risulterebbe una somma di circa 9 milioni di Euro che la Pubblica Amministrazione dovrebbe caricare a bilancio ogni anno per l’indennizzo dei danni causati dagli ungulati selvatici alle colture agricole. La stessa indagine farebbe emergere che la cifra risarcita risulterebbe pari all’86% del danno accertato il che significherebbe che la cifra complessiva dell’impatto economico negativo sul sistema agricolo attribuito agli ungulati sarebbe superiore ai 10 milioni di Euro. In più, quasi il 90% dei danni è imputabile al cinghiale per un ammontare di più di 9 milioni di Euro (Carnevali L. & Riga F., 2007).
In realtà l’incidenza economica negativa, ascrivibile al cinghiale, risulterebbe molto più elevata di quanto sopra riportato, sia perché in alcune Regioni i dati relativi ai danni da fauna selvatica sono frammentari, non omogenei o peggio ancora scorrettamente raccolti, sia perché molti agricoltori non denunciano i danni poco consistenti e non hanno sufficiente fiducia nelle istituzioni. Quest’ultima considerazione deriva dal fatto che, rispetto al danno ricevuto, il danno stimato e risarcito risulta essere molto inferiore. Una comparazione tra il numero di cinghiali uccisi per 100 ha e i danni risarciti indica che a grosse superfici danneggiate corrispondono bassi numeri di cinghiali abbattuti (Mazzoni della Stella et al., 1995). Carnevali & Riga (2007) hanno calcolato, su di un campione di 12 regioni, il costo medio per cinghiale abbattuto (importi liquidati per danni/cinghiali abbattuti in azioni di caccia) quale indice della sostenibilità economica dell’interazione tra la specie e le attività antropiche. Tale costo medio totale per cinghiale abbattuto è risultato pari a 62 Euro, con profonde differenze tra le diverse regioni: Liguria e Toscana (25 € e 26 €/capo); Valle d’Aosta, Piemonte e Lazio (198 €, 176 € e 120 €).

martedì 12 marzo 2013

Differenze tra azienda agrituristica venatoria ed azienda faunistica venatoria.

Differenze tra azienda agrituristica venatoria ed azienda faunistica venatoria.
Le azienda faunistico venatoria hanno una superficie molto maggiore rispetto ad una azienda agrituristica venatoria, nella prima si parla di no meno di 400 ettari, nella seconda sono sufficienti anche solo 200 ettari.
Il periodo di caccia in base all provincie Toscane può andare dalla seconda settimana di Setttembre al 31 Gennaio per tutte le aziende venatorie della provincia di Pisa, invece per la provincia di Firenze il periodo di caccia finisce il 31 Dicembre per le aziende faunistiche venatorie ed il 31 Gennaio per le aziende agrituristiche venatorie.
Una delle differenze sostanziali tra le aziende agrituristiche venatorie e le aziende faunistiche venatorie è che in quest'ultime ogni cacciatore ha un periodo inferiore per poter cacciare, cioè solo 3 giorni rispetto ai 5 giorni dell'aziende agro turistiche venatorie. Inoltre in quest'ultime non vengono annotati sul tesserino il numero di capi abbattuti.
Per maggiori informazioni vi invitiamo a visionare il sito vendita aziende agricole  da cui abbiamo tratto alcune informazioni.
Sicuramente è importante precisare che non è possibile cacciare all'interno di una azienda venatoria senza il permesso della proprietario della azienda. e questo è uno dei motivi per cui molti proprietari si riuniscono in consorzio per ottenere la licenza di azienda venatoria, al fine di non permettere l'accesso ai cacciatori all'inteno della propria proprietà.
Negli anni Ottanta ci sono stati numerosi scontri tra i proprietari che non volevano i cacciatori all'interno della propria terra e quest'ultimi, oggi con le aziende venatorie, in molti casi, questo obiettivo è stato raggiunto sopratutto per chi è contrario alla caccia e non ama sentire gli spari vicino la propria abitazione.

mercoledì 6 marzo 2013

Problematica per Agriturismi: L'alimentazione degli ungulati

Oggi tratteremo l'alimentazione del cinghiale, grave problematica per gli agriturismi in Toscana. Sebbene la componente vegetale rappresenti oltre l’80% della dieta il cinghiale, modificando la sua dieta in funzione della disponibilità delle risorse trofiche offerte dai diversi ambienti nelle varie stagioni, è considerato, dal punto di vista alimentare, onnivoro (Fournier-Chanbrillon et al., 1995). Tra i vegetali preferiti dal suide è possibile distinguere quattro categorie principali (Massei e Toso, 1993): frutti, prodotti agricoli, parti ipogee delle piante, parti aeree delle piante.
La categoria frutti riveste il ruolo principe nell’alimentazione del cinghiale: in particolare, fondamentali appaiono essere la ghianda, frutto di Quercus ssp. e la faggióla, frutto di Fagus selvatica. Durante gli anni di abbondanza (pasciona) ghiande e faggióla possono rappresentare anche il 50% della dieta annuale, e costituire più dell’80% della dieta nei mesi fra ottobre e febbraio. Negli ambienti mediterranei ed in presenza di Pinus domesticus e di Castanea sativa  anche il pinolo e la castagna assumono rilevanza nella dieta, oltre all’olivo e a svariati tipi di frutti minori. È l’ungulato italiano di maggior impatto negativo sia sugli ambienti naturali sia su quelli agro-silvo-pastorali. L’espansione della specie, spesso aiutata dalle operazioni di reintroduzione e di ripopolamento nonché la sua capacità di sfruttare quasi ogni tipo di coltivazione agricola ha portato a pesanti conflittualità con le attività agronomiche. I prodotti agricoli maggiormente colpiti sono quelli derivanti dalle coltivazioni di patate, di cereali (maggiormente mais), di frutta e di olive.
I danni provocati stimati in Italia nell’ordine di svariati milioni di Euro sono la causa di gravi contrasti fra le attività agronomiche e la presenza del cinghiale e della caccia alla specie (Mazzoni et al., 1995; Macchi et al., 1992). La gestione del cinghiale è argomento complesso per i risvolti sia tecnici sia socio-economici poiché l’interesse del mondo venatorio contrasta con quello degli agricoltori e dei gestori delle aree protette (Monaco et al., 2003). La ricerca di radici, bulbi, tuberi e rizomi è uno degli atteggiamenti caratteristici del cinghiale che utilizza le parti ipogee delle piante nella sua dieta, principalmente durante il periodo primaverile-estivo. In aree paludose, dove il terreno è più morbido ed è più facile l’azione di grufolamento  la ricerca di bulbi e rizomi può proseguire anche per tutta l’estate. La dieta erbivora del cinghiale è completata dall’assunzione di una grande varietà di parte fogliare verde e di germogli (foto 30) ovvero delle parti epigee delle piante, utilizzate principalmente in primavera fino alla stagione estiva. Erbe principalmente presenti sui pascoli ma anche nel sottobosco, inclusi i funghi sono oggetto di attenzioni da parte degli animali.
Oltre ai vegetali, il cinghiale include nella sua dieta alimenti di origine animale e l’incidenza delle proteine animali è stimato intorno al 10% della dieta totale (Herrero et al., 2006).
Vertebrati e invertebrati sono altamente appetiti dal suide nella cui dieta sono stati descritti i consumi di roditori, lumache, lombrichi, insetti, larve, rane, pesci, serpenti, uova, conigli, carogne, ecc. L’utilizzo di alimenti di origine animale è di tipo opportunistico e varia durante l’arco dell’anno. Con l’approssimarsi dei periodi critici dal punto di vista alimentare quando la vegetazione epigea è secca come in tarda estate e soprattutto in quelle calde e siccitose, con il terreno indurito al punto da non permettere il grufolamento, oppure alla fine dell’inverno, quando le ghiande non sono più disponibili ed ancora non è germogliata la nuova vegetazione, in questi casi il cinghiale indirizza la sua attenzione alle colture agricole, facili fonti di cibo, sia quantitativamente, che qualitativamente (alto apporto calorico) e agli animali che incontra.
Il fabbisogno idrico del cinghiale  è di circa 8-10 litri d’acqua al giorno (Massei e Toso, 1993).
Relazione Dott.ssa Amato Angela (Specializzata in Ungulati)

mercoledì 27 febbraio 2013

Riproduzione del Cinghiale in Toscana


Anche se gli accoppiamenti possono avvenire durante tutto il corso dell’anno, i mesi di dicembre e gennaio sembrano essere quelli in cui si verificano il maggior numero di accoppiamenti in Europa e in Italia. In condizioni ottimali le femmine possono raggiungere la maturità sessuale tra i 9-10 mesi d’età mentre in condizioni normali la pubertà si osserva a 15-20 mesi. I maschi, più tardivi, raggiungono la maturità sessuale nel secondo anno di vita, anche se in generale, per ragioni gerarchiche (competizione intraspecifica), non viene loro concesso di accoppiarsi (Massei e Toso, 1993). Le femmine di età superiore ai due anni si accoppierebbero più precocemente rispetto a quelle di età inferiore, anche se piuttosto che l’età appare maggiormente influente il peso delle femmine (accumulo di riserve di grasso). Per essere in grado di riprodursi una femmina deve raggiungere almeno i 20 kg di peso. Alcuni studi hanno dimostrato che durante gli anni di grande produzione di ghiande (pasciona), gli accoppiamenti risultano anticipati e che l’elevata presenza di ghiande nella dieta aumenterebbe l’ovulazione e ridurrebbe la mortalità embrionale (Monaco et al., 2010). Con l’avvio della stagione riproduttiva la femmina presenta un ciclo estrale di 21-23 giorni, normalmente innescato dal fotoperiodo negativo. Normalmente l'estro della femmina dura tre giorni ma il periodo fecondo dura circa 36 ore, in caso di mancato accoppiamento è possibile che tale ciclo si ripeta, evenienza che può ripresentarsi anche dopo un parto in stagioni particolarmente favorevoli e con risorse alimentari abbondanti. Dopo il concepimento la gestazione ha una durata media di 115 giorni (108-129) ed il numero medio di feti varai in funzione dell’età delle femmine (foto 19 e 20): 3-4 per femmine di un anno; 5 per femmine di due anni, 5,5 per femmine di età superiore ai due anni; con valore medio pari a 4,9-5,0.
In generale le femmine si accoppiano e partoriscono una volta all’anno, raramente sono descritti tre parti in due anni. Il maggior numero di nascite si registra nel periodo primaverile (Marzo-Aprile).
La preparazione delle femmine al parto si manifesta con l’isolamento e la costruzione delle “lestre”: ripari nella vegetazione costituiti depressioni del terreno ricoperte da canne e frasche disposte a mo’ di area parto preparata per accogliere i piccoli che alla nascita non presentano differenze sessuali e pesano circa 700 grammi ciascuno. Dopo un primo periodo di allattamento esclusivo dalla madre, con la ricomposizione del gruppo familiare principale, i piccoli vengono allattati (foto 21) fino al terzo-quarto mese di vita da tutte le femmine del gruppo anche se non sono le loro madri (sistema della nutrice di gruppo).
In questo modo, sebbene esistano fenomeni di competizione fra i piccoli per i singoli capezzoli, viene garantito a tutti la possibilità di accedere alle mammelle delle femmine del gruppo anche in caso di morte della madre. 
Relazione Dott. Angela Amato (disponibile per consulenze)

domenica 24 febbraio 2013

Descrizione Cinghiale


Il cinghiale, classificato da Linnaeus nel 1758 come Sus scrofa, è considerato una specie politipica al cui interno sarebbero stati descritti 16 diversi sottotipi (Groves, 1981). In Italia, due sono considerate le sottospecie endemiche: Sus scrofa meridionalis, presente in Sardegna e Sus scrofa maiori, presente in Italia peninsulare; tuttavia la loro presenza, nelle rispettive aree di distribuzione, è tutt’oggi messa in discussione. Non si può dire lo stesso di altre due sottospecie, dettagliatamente descritte, che hanno recentemente colonizzato l’Italia settentrionale: Sus scrofa scrofa presente in Piemonte e proveniente dalla Francia e Sus scrofa raiseri presente in Friuli e proveniente dalla Slovenia. In larga misura, la maggior parte delle attuali popolazioni italiane di cinghiale possono essere considerate il risultato dei numerosi incroci che le sottospecie autoctone hanno subito nel tempo, sia con i conspecifici domestici (maiali), sia con diverse sottospecie alloctone introdotte dall’uomo ai fini dei ripopolamenti effettuati a scopo venatorio. Nel primo caso l’allevamento brado di suini, frequentemente praticato in alcune regioni (Sardegna, Toscana, Umbria, Puglia, Calabria) si è reso responsabile dell’incrocio tra le diverse forme di suidi domestici con quelle selvatiche, il cui prodotto ibrido si è poi disseminato sui territori ed è andato a formare popolazioni stabili con caratteri fenotipici variabili (ancora oggi evidenti).
Nel secondo caso è necessario distinguere le popolazioni derivanti dalle reintroduzioni da quelle prodotte dai ripopolamenti. Per un lungo periodo di tempo (dagli anni ’60 agli anni ’90 del novecento), gli individui utilizzati per le reintroduzioni erano totalmente di provenienza extra-italiana, mentre i ripopolamenti operati in maniera più razionale nel decennio 1990-2000 hanno tenuto maggiormente conto delle esigenze agro-ambientali ed hanno fatto ricorso ad animali di probabile provenienza italiana e di taglia più contenuta. I ripopolamenti e le reintroduzioni sono il frutto di specifiche esigenze venatorie il cui fine ultimo era quello di ottenere animali più pesanti e con trofei molto pronunciati. Queste semplici considerazioni spiegano le difficoltà che si incontrano nell’affrontare il complesso capitolo della sistematica del cinghiale (Massei e Toso, 1993).
Le caratteristiche morfologico-comportamentali tra i soggetti selvatici e quelli derivanti dagli incroci sono riassunti da Mauget (1979) in: aumento della muscolatura del treno posteriore; cambiamento del rapporto tra altezza al garrese e lunghezza totale; accorciamento splancnocranico; ridotta capacità cranica (impoverimento dell’universo sensoriale); diversa colorazione del mantello. Quello che resta della sottospecie Sus scrofa maiori è maggiormente presente nei territori della Maremma tosco-laziale ed è caratterizzato da soggetti dalle dimensioni significativamente minori rispetto alla sottospecie nominale. Tra i cinghiali autoctoni bisognerebbe aggiungere le popolazioni reliquie dell’Appennino meridionale che, tuttavia, non essendo mai state studiate approfonditamente prima del massiccio inquinamento genetico avvenuto in tempi recenti, non possono essere riconosciute come indigene. Al contrario, per i soggetti dell’Italia settentrionale è noto che prima del 1900 vennero completamente sterminati mentre le popolazioni dell’Appennino Centrale subirono una forte contrazione fino al secondo dopoguerra. In considerazione di ciò è possibile ipotizzare che gli attuali cinghiali dell’arco Alpino sarebbero tutti di provenienza Oltralpe (Francia ad Ovest e Slovenia Est) e distribuiti sul nostro territorio per dispersione attiva in tempi recenti. Mentre l’immissione della sottospecie Sus scrofa attila operata capillarmente in tutta Italia ai fini venatori, a partire dagli anni 60 del novecento e ancora oggi è irregolarmente praticata, ha permesso ai soggetti originariamente importati dall’Est Europa, di espandersi in maniera considerevole in tutta la nazione tanto da affermare che a questa sottospecie appartengono la grande maggioranza degli individui presenti in tutte le regioni italiane (Apollonio et al., 1988).
Il cinghiale è una specie particolarmente adattabile e, nel nostro paese, occupa ogni tipo di ambiente disponibile. Nella zona alpina può raggiungere oltre i limiti della vegetazione arborea. Le popolazioni autoctone occupano gli ambienti paludosi e di macchia mediterranea presenti nelle aree protette della maremma tosco-laziale, ambienti analoghi ma più asciutti della Sardegna e i boschi di latifoglie dell’Italia meridionale (Apollonio, 2003). Allo stato attuale non è possibile quantificare in maniera soddisfacente la presenza del cinghiale sul territorio italiano. L’incompletezza del dato è dovuta ad una serie di fattori che caratterizzano la gestione dell’ungulato selvatico tra i quali quelli di maggiore importanza sono rappresentati dai censimenti e dai prelievi venatori.
I censimenti effettuati dagli organi ufficiali di gestione faunistica risultano disomogenei tra regione e regione e tra provincia e provincia, per lo più sommari ed imprecisi, non costanti negli anni e nelle stagioni all’interno dell’anno.
I prelievi venatori effettuati annualmente dalle squadre autorizzate a livello provinciale o sub-provinciale, determinano continue variazioni tra le fasce di età e tra i sessi con una importante influenza sulle strutture di popolazione cui i cacciatori tentano di porre rimedio con ripopolamenti praticati a stagione venatoria chiusa.
Relazione Dott.ssa Angela Amato. (Disponibile per consulenze professionali)

mercoledì 20 febbraio 2013

IL CINGHIALE: INTRODUZIONE

La storia dell’uomo testimonia le ampie modifiche da esso compiute su tutti gli ambienti naturali del Pianeta. Lo sviluppo antropico ha coinvolto, in maniera sempre più incidente, ampie porzioni delle terre emerse. Se le
“Centurie” rappresentano lo strumento antropico che ha iniziato il cambiamento paesaggistico di maggior rilievo in tutto l’impero Romano, in tempi più recenti le responsabilità più significative dell’influenza dell’uomo
sugli ambienti sono attribuite all’età colonialista (iniziata nel XVI secolo con le esplorazioni geografiche europee e le campagne belliche operate da Ovest a Est e da Nord a Sud da Spagna, Portogallo, Francia, Olanda, Inghilterra Russia, Germania e Italia, e formalmente conclusosi nella seconda metà del XX secolo, con la vittoria dei movimenti anti-coloniali) e alle due grandi Rivoluzioni “Agricola” (Prima Rivoluzione Agricola 1650-1756 – Seconda Rivoluzione Agricola 1800-1940) e “Industriale” (Prima Rivoluzione Industriale 1760-1830 – Seconda Rivoluzione Industriale 1870-1940 – Terza Rivoluzione Industriale 1970 ad oggi). L’effetto dell’espansione antropica mondiale si è realizzata nel corso di millenni e si è tradotto in una profonda frammentazione dei territori. Tuttavia, nell’ultimo secolo (con un’accelerazione spinta negli ultimi 20 anni) l’uomo, attraverso la cementificazione ha provocato una pericolosissima iper-frammentazione che ha eroso territori naturali ed agricoli. L’aumento dell’urbanizzazione, delle infrastrutture, delle aree industriali e dei centri commerciali, pensate e costruite solo in funzione delle necessità umane, ha sottratto territorio agli habitat semi naturali o agro-silvo-pastorali, ha continuato ad erodere superfici agli habitat naturali in tutto il Pianeta, aumentando la fragilità degli ecosistemi (che per stabilizzarsi hanno impiegato milioni di anni) e comportando gravi ripercussioni sulle popolazioni selvatiche (vegetali, animali, Funghi, Cromisti, Protozoi, Batteri, Procarioti) e sui substrati ecologici (Acqua e Minerali). I Governi dei Paesi industrializzati tra il 1960 e la fine anni novanta promuovono la cosiddetta rivoluzione verde, investendo in maniera consistente nella ricerca agricola, direttamente sui campi degli agricoltori o cercando altri sistemi per incrementare la produzione alimentare con lo sviluppo di prodotti chimici (pesticidi e fertilizzanti), incoraggiando l’uso di nuove tecnologie e rivoluzionando le tradizionali pratiche agrarie con l'abbandono e l'estinzione di molte varietà vegetali e razze animali locali e tradizionali. Questo percorso è continuato veloce parallelamente al caotico cammino dell’espansione della cementificazione e della lievitazione infrastrutturale e industriale, tanto che può essere simbolicamente tracciato osservando la diminuzione dei Paesi in via di sviluppo e l’incremento dei “Paesi altamente industrializzati” che dai G7 del 1976 (Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti d’America, Canada) sono divenuti, nel 1997, G8 (Russia) e G20 nel 1999 (Cina, Brasile, India, Australia, Messico, Corea del Sud, Turchia, Indonesia, Arabia Saudita, Argentina, Sud Africa, con l’aggiunta dell’Unione Europea senza Germania, Francia, Regno Unito e Italia). La situazione attuale è talmente preoccupante che Le Organizzazioni Internazionali per il controllo delle azioni operate su larga scala (ONU, FAO, OMS/WHO, OIE, FMI, UNESCO, UNICEF, ecc.) sono costretti ad indicare strategie di conservazione ambientale da applicare su scala globale e ad obbligare i singoli Stati a prendere provvedimenti, oramai non più procrastinabili, in materia di gestione e prelievo delle risorse naturali (rinnovabili e non rinnovabili). Non è più possibile, infatti, prelevare parti o intere comunità vegetali e animali, ma anche minerali e acque, all’interno di uno specifico habitat, in assenza di un severo controllo da parte di organismi ufficialmente preposti.
In Italia, l’avvento della politica ambientale è riconducibile agli anni 90 del novecento, quando nascono in Italia due leggi specifiche che regolano i rapporti che intercorrono tra le risorse naturali e l’uomo, nonché l’impatto che ogni singola specie esercita sulle attività antropiche e viceversa. Con la promulgazione della Legge 06 dicembre 1991, n. 394 “Legge Quadro sulle aree protette”, il Paese si arricchisce di 16 nuovi Parchi Nazionali, amplia la rete di aree protette regionali, apre la protezione a numerose zone marine e
getta le basi alla istituzione delle Zone di Protezione Speciale (ZPS) e dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC). Si creano così i presupposti di base per la realizzazione dell’attuale “Rete Natura 2000” che coinvolge tutti i paesi dell’Unione Europea per l’attuazione della Direttiva 79/409/CEE (direttiva uccelli) e della Direttiva 92/43/CEE (direttiva habitat). La complessità della programmazione proposta ha trovato non poche opposizioni da parte degli abitanti residenti all’interno delle aree interessate (agricoltori/allevatori e
comuni cittadini) e dei cacciatori, che si sono visti sottrarre aree normalmente sfruttate ai fini del prelievo delle risorse naturali senza particolari vincoli e divieti. Ad inasprire ulteriormente gli animi insoddisfatti si aggiunge la Legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio”. Le leggi quadro tracciano le linee guida per regolare un settore definito e, contemporaneamente, individuare gli interessi irrinunciabili dello Stato a cui si devono attenere gli Enti locali quando, con le Leggi Regionali, dettano i criteri per l’attuazione delle direttive comunitarie.
Inoltre, la Legge 08 giugno 1990, n. 142 “ordinamento delle autonomie locali” attribuisce alle Provincie l’attuazione della disciplina regionale ed esse hanno piena competenza ad esercitare funzioni amministrative proprie ed in particolare in materia di caccia e di protezione della fauna. Le Province identificano sul proprio territorio gli Istituti per la tutela della fauna e dell’ambiente; sono responsabili del controllo del prelievo venatorio; predispongono i programmi di gestione e di prelievo venatorio; i piani di censimento per il controllo delle specie di interesse faunistico-venatorio; i piani di vigilanza delle aree venabili e dei danni provocati dalla fauna selvatica al territorio agro-silvo-pastorale; i piani di miglioramento ambientale; etc.
A distanza di venti anni dalla nascita delle due Leggi fondamentali per la gestione della fauna selvatica e degli habitat, è possibile affermare che la programmazione concertata di azioni finalizzate al miglioramento degli habitat e all’incremento della fauna selvatica, sia stanziale sia migratoria, sono state recepite (digerite) e trova l’unanime adesione delle Associazioni venatorie, agricole e ambientaliste, il cui consenso qualificato è necessario per ottenere risultati reali e utili al territorio. La normativa si preoccupa dell’approfondimento circa le conoscenze scientifiche sulle specie animali omeoterme; sulle loro esigenze di sopravvivenza; sulle limitazioni di prelievo necessarie a garantire una costante presenza delle specie sul territorio nazionale; sui rapporti tra gli animali selvatici e le attività antropiche. Queste ultime coinvolgono differenti categorie della società civile e, principalmente, il settore produttivo primario (agricoltura e zootecnia), il mondo ambientalista ed il mondo venatorio. L’interesse generalizzato per la gestione degli ambienti naturali e semi-naturali da parte di tutte le categorie citate, ma anche da parte dell’opinione pubblica, ha suscitato il giusto interesse politico per la conservazione, il mantenimento o il ripristino della complessità dell’ecosistema, per i quali necessita un adeguato approccio scientifico multidisciplinare. È’ questa una delle ragioni che ha prodotto il lavoro di analisi che coinvolge una parte importante della fauna selvatica italiana come gli ungulati ed in particolar modo il cinghiale (Esposito, 2012).
Relazione della Dott.ssa Angela Amato (Disponibile a consulenze ed incarichi)

lunedì 11 febbraio 2013

Miglior asciugatrice economica


Asciugabiancheria economica ed efficiente
Oggi presentiamo un asciugatrice fatta in casa, super efficiente ed economica.
Pro: Massaggia i vestiti e pertanto la maggior parte di essi non ha bisogno di essere stirata, li lascia morbidi, non rovina i tessuti con la centrifuga o caldo eccessivo, risparmio di soldi nell'acquisto ed in bolletta.
Contro: Sono necessarie 4 ore invece delle classiche 2 ore.
Come sarà mai questa asciugabiancheria?
Questa idea mi è venuta un giorno d'inverno presso un agriturismo in Toscana, dove mentre sorseggiavo dell' ottimo vino biologico, e mentre osservavo i vigneti mi è caduto l' occhio su degli indumenti appesi ad un filo che venivano lievemente mossi da una piccola brezza di vento gelido.
Mi sono avvicinato agli indumenti ed ho notato che erano asciutti.
Allora mi è venuto in mente perché non farlo a casa con un ventilatore.
E' così è nata l'asciugabiancheria più economica ed efficiente al mondo, basta un ventilatore con un ampio diametro e con temporizzatore almeno 2 o 4 ore ed un stendibiancheria estensibile da porre in alto in bagno o anche uno stendino da poggiare a terra.
Abbiamo provato per 2 mesi questa soluzione a casa di un amico con tre figli che vive in condominio e non ha balconi, il risultato è stato stupefacente, in molti casi sono stati sufficienti anche solo 3 ore.
In casa è molto più facile asciuguare la biancheria rispetto all'esterno, perché comunque in inverno ci sono i caloriferi accessi.
Basta allora puntare il ventilatore parallelamente ai fili dello stendi biancheria ed in soli 4 ore la biancheria è asciutta.
Per chi volesse fare prima può prendere uno scaldino con ventola e temporizzatore e l'asciugatura viene anticipata di almeno due ore.
Ovviamente il movimento del vento creerà condensa nel bagno allora è sufficiente aprire uno spiraglio della finestra 10 minuti prima dello spegnimento del ventilatore e tutto il vapore acqueo uscirà velocemente.
Per chi non ha la possibilità di finestra basta un piccolo deumidificatore da usare per un'ora con consumi di 380 watt l'ora ed il problema non si pone più.
Per ricapitolare i costi:
Costo ventilatore con temporizzatore euro 30 con consumo 160 watt l'ora
Costo deumidificatore con temporizzatore euro 160 consumo 380 watt l'ora.
Consumi asciugatura con soltanto il ventilatore 160x4= 640 watt pari a 16 centesimi ad ascigatura contro il classico 1 euro della maggior parte delle asciugatrici.
Consumi asciugatura con il ventilatore ed il deumidificatore 160x4+380= 1020 watt pari a 30 centesimi ad asciugatura contro il classico 1 euro della maggior parte delle asciugatrici.
A fronte di un notevole risparmi di esercizio, non bisogna trascurare il risparmio nell'acquisto dell'asciugabiancheria.
Di seguito qualche esempio fotografico.







Ricordiamo inoltre che l'utilizzo del ventilatore in luoghi dove ristagna umidità, permette di asciugare in pochi minuti l'ambiente al posto di un deumidificatore.
A parte l'indubbio risparmio nell'acquisto dell'asciugatrice e del risparmio giornaliero di energia elettrica, non dimentichiamo il notevole risparmio di Co2 per l'ambiente.
Con questa banale soluzione possiamo voler bene al nostro portafoglio e all'ambiente.
A presto con nuove soluzioni economiche, nel rispetto dell'ambiente.

VIDEO



martedì 5 febbraio 2013

Specifiche per aprire un agriturismo


Rispondiamo con questo post ad una domanda fatta da un caro lettore.
Per avviare l'attività di agriturismo occorre essere un'azienda agricola, e quindi aver esplicato tutti adempimenti burocratici necessari.
Pertanto non è sufficiente possedere un bel podere tipico toscano (ricollegandomi alla domanda del lettore), ma occorre che l'azienda agricola sia funzionante e/o contestualmente rispettando la principalità dell'attività agricola, un'attività di coltivazione, allevamento o silvicoltura, è possibile inserire nella DUA la relazione agrituristica che attesti tutti i requisiti dell'agriturismo.

L'esercizio dell'azienda agricola è possibile non necessariamente con un titolo di proprietà, ma anche mediante usufrutto o contratto d'affitto affitto per almeno 5 anni.
Ricordiamo che la legge 203 ha determinato in 15 anni la durata minima dei contratti di affitto di fondo rustico indipendentemente dalla qualifica dell’imprenditore agricolo, pertanto una durata inferiore presuppone un contratto di affitto in deroga che deve essere sottoscritto dinanzi a due rappresentanti di categoria degli agricoltori.
Inoltre è opportuno ribadire che i fabbricati che possono essere utilizzati per l'agriturismo sono quelli che non servono più all'attività agricola (e questo va ben specificato nella relazione agrituristica) ma è pur vero che in assenza, è possibile utilizzare il fabbricato dell'abitazione principale dell' imprenditore Agricolo, anche se si trova fuori dal fondo rustico.
Questa ultima possibilità, che abbiamo trovato di rado su altri portali, permette notevolmente di allargare le possibilità di aprire un agriturismo, in quanto il legislatore ha interesse che ci sia una rivalorizzazione delle tradizioni culturali del mondo rurale, e sicuramente gli agriturismi sono il veicolo migliore per il ripristino, la conservazione e la salvaguardia di varietà animali, vegetali  locali, e per rivitalizzazione delle colture tipiche attraverso il recupero delle tradizioni e della cultura rurale locale.

Cogliamo l'occasione per rispondere anche due mails ricevute, sulla obbligatorietà di essere IAP per poter aprire un agriturismo, rispondiamo che essere IAP non è necessario per aprire un agriturismo, essere IAP è obbligatorio per chi volesse beneficiare dell'acquisto di una proprietà agricola con i vantaggi della Piccola Proprietà Contadina non essendo coltivatore diretto iscritto almeno da due anni alla Gestione INPS.

sabato 2 febbraio 2013

COME SI ACCEDE AI CONTRIBUTI PSR ?

COME SI ACCEDE AI CONTRIBUTI PSR IN TOSCANA ?
1) Registrarsi tramite ARTEA ( Agenzia Regionale Toscana per l’erogazione in Agricoltura) o i CAA ( entri assistenza in agricoltura) all’anagrafe regionale delle aziende agricole
2) La Domanda di aiuto deve essere presentata nell’ ambito della Domanda Unica Aziendale (DUA) tramite ARTEA.
Ogni azienda agricola e pertanto ogni agriturismo in Toscana che intende beneficiare dei contributi PSR (Piano di Sviluppo Rurale) dopo la presentazione della Domanda concorrerà con le altre aziende agricole della provincia in base ai punteggi assegnati dal bando.

giovedì 24 gennaio 2013

Limiti posti letto Agriturismi Toscana

Date le numerose mails ricevute su un aspetto molto importante per gli agriturismi in Toscana, oggi ci preme sottolineare che gli agriturismi non hanno più limiti di posti letto, imposti a priori, se non quelli derivanti dalla principalità dell’attività agricola:
Infatti a seguito della sostituzione dell’articolo 12 della l.r. 30/2003 con il seguente “Art. 12 Ospitalità in camere e unità abitative indipendenti" le nuove disposizioni prevedono che:
1. L’attività di ospitalità è svolta negli immobili di cui all’articolo 17 in camere o in unità abitative o utilizzando entrambe le soluzioni, nei limiti massimi derivanti dalla principalità dell’attività agricola e nel rispetto dei requisiti igienico-sanitari.
2. Nelle camere adibite al pernottamento, comprese quelle poste in unità abitative indipendenti, su espressa richiesta dell’ospite, può essere adottata la sistemazione temporanea di un letto supplementare per l’alloggio di bambini di età non superiore a dodici anni, fermo restando il rispetto dei requisiti igienico-sanitari. Al momento della partenza dell’ospite tale utilizzazione cessa e si ristabiliscono i posti letto previsti. I letti aggiunti non sono conteggiati ai fini della determinazione del limite massimo dei posti letto derivanti dalla principalità dell’attività agricola.”.

venerdì 18 gennaio 2013

Agriturismi Toscana: PSR aziende agricole

•Misura n.112 Insediamento di giovani agricoltori Finalità Favorire l’insediamento di giovani che intendono intraprendere l’attività agricola; favorire il ricambio generazionale Beneficiari I giovani di età fra 18 e 40 anni che intendono insediarsi per la prima volta come inprenditori agricoli professionali IAP •Misura n.114 Utilizzo dei servizi di consulenza Finalità Aiuto agli imprenditori agricoli e forestali per l’acquisizione di servizi di consulenza tecnica. Beneficiari Imprenditori agricoli ai sensi del Codice civile, detentori di aree forestali •Misura n.121 Ammodernamento delle aziende agricole Finalità miglioramento del rendimento economico; Miglioramento della qualità delle produzioni; Miglioramento ambientale; Beneficiari Imprenditori agricoli professionali (IAP) singoli o associati •Misura n.122 Accrescimento del valore economico delle foreste Finalità Accrescimento economico mediante la creazione o miglioramento delle infrastrutture di servizio, miglioramento delle condizioni delle superfici forestali, ottimizzazione della gestione delle risorse forestali. •Misura n.123 a Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli Finalità Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli primari. Il sostegno è concesso agli investimenti volti a migliorare il rendimento economico; la qualità delle produzioni; l’ambientale;la sicurezza dell’impresa. Beneficiari imprese singole o associate operante nel settore della trasformazione e/o commercializzazione ce occupano meno di 750 persone o il cui fatturato annuo non superi i 200 milioni di euro •Misura n. 123 b Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti forestali. Finalità Incremento dell’efficienza e rafforzamento della competitività delle imprese del settore forestale impegnate nell’utilizzo dei soprassuoli boschivi e la raccolta dei prodotti secondari del bosco, nonché la loro trasformazione e commercializzazione. Beneficiari Microimprese, singole o associate, operanti nella trasformazione e/o commercializzazione dei prodotti di cui sopra •Misura n.125 Infrastrutture connesse allo sviluppo e dell’adeguamento dell’agricoltura e della silvicoltura Finalità Miglioramento e potenziamento delle infrastrutture a servizio delle unità produttive agricole e forestali: -Rifacimento della viabilità poderale -Potenziamento, adeguamento e miglioramento della viabilità forestale interaziendale, -Realizzazione e miglioramento delle infrastrutture per adduzione acqua potabile e per uso irriguo interaziendale Beneficiari Consorzi o associazione di privati, Comuni o altri Enti pubblici e loro associazioni Misura 132 Partecipazione degli agricoltori ai sistemi di qualità alimentare Finalità Incentivazione alla partecipazione degli agricoltori ai sistemi di qualità alimentare Beneficiari Imprenditori agricoli professionali (IAP) singoli o associati Misura n. 226 Ricostruzione del potenziale forestale e interventi preventivi Finalità Migliorare la funzionalità degli ecosistemi forestali e garantire l’incolumità tramite la prevenzione degli incendi, calamità naturali,e distruzione dei boschi. Beneficiari IAP, imprese forestali, regione toscana,province, comunità montane, comuni, enti gestori dei parchi, aziende regionali, consorzi di bonifica. •Misura n. 227 Investimenti non produttivi in ambito forestale Finalità Miglioramento, tutela e valorizzazione delle foreste, al fine di potenziare la biodiveristà, la conservazione degli ecosistemi forestali anche di grande pregio. Beneficiari IAP, imprese forestali, regione toscana,province, comunità montane, comuni, e altri enti pubblici. •Misura n. 311 Diversificazione in attività non agricole