domenica 24 febbraio 2013

Descrizione Cinghiale


Il cinghiale, classificato da Linnaeus nel 1758 come Sus scrofa, è considerato una specie politipica al cui interno sarebbero stati descritti 16 diversi sottotipi (Groves, 1981). In Italia, due sono considerate le sottospecie endemiche: Sus scrofa meridionalis, presente in Sardegna e Sus scrofa maiori, presente in Italia peninsulare; tuttavia la loro presenza, nelle rispettive aree di distribuzione, è tutt’oggi messa in discussione. Non si può dire lo stesso di altre due sottospecie, dettagliatamente descritte, che hanno recentemente colonizzato l’Italia settentrionale: Sus scrofa scrofa presente in Piemonte e proveniente dalla Francia e Sus scrofa raiseri presente in Friuli e proveniente dalla Slovenia. In larga misura, la maggior parte delle attuali popolazioni italiane di cinghiale possono essere considerate il risultato dei numerosi incroci che le sottospecie autoctone hanno subito nel tempo, sia con i conspecifici domestici (maiali), sia con diverse sottospecie alloctone introdotte dall’uomo ai fini dei ripopolamenti effettuati a scopo venatorio. Nel primo caso l’allevamento brado di suini, frequentemente praticato in alcune regioni (Sardegna, Toscana, Umbria, Puglia, Calabria) si è reso responsabile dell’incrocio tra le diverse forme di suidi domestici con quelle selvatiche, il cui prodotto ibrido si è poi disseminato sui territori ed è andato a formare popolazioni stabili con caratteri fenotipici variabili (ancora oggi evidenti).
Nel secondo caso è necessario distinguere le popolazioni derivanti dalle reintroduzioni da quelle prodotte dai ripopolamenti. Per un lungo periodo di tempo (dagli anni ’60 agli anni ’90 del novecento), gli individui utilizzati per le reintroduzioni erano totalmente di provenienza extra-italiana, mentre i ripopolamenti operati in maniera più razionale nel decennio 1990-2000 hanno tenuto maggiormente conto delle esigenze agro-ambientali ed hanno fatto ricorso ad animali di probabile provenienza italiana e di taglia più contenuta. I ripopolamenti e le reintroduzioni sono il frutto di specifiche esigenze venatorie il cui fine ultimo era quello di ottenere animali più pesanti e con trofei molto pronunciati. Queste semplici considerazioni spiegano le difficoltà che si incontrano nell’affrontare il complesso capitolo della sistematica del cinghiale (Massei e Toso, 1993).
Le caratteristiche morfologico-comportamentali tra i soggetti selvatici e quelli derivanti dagli incroci sono riassunti da Mauget (1979) in: aumento della muscolatura del treno posteriore; cambiamento del rapporto tra altezza al garrese e lunghezza totale; accorciamento splancnocranico; ridotta capacità cranica (impoverimento dell’universo sensoriale); diversa colorazione del mantello. Quello che resta della sottospecie Sus scrofa maiori è maggiormente presente nei territori della Maremma tosco-laziale ed è caratterizzato da soggetti dalle dimensioni significativamente minori rispetto alla sottospecie nominale. Tra i cinghiali autoctoni bisognerebbe aggiungere le popolazioni reliquie dell’Appennino meridionale che, tuttavia, non essendo mai state studiate approfonditamente prima del massiccio inquinamento genetico avvenuto in tempi recenti, non possono essere riconosciute come indigene. Al contrario, per i soggetti dell’Italia settentrionale è noto che prima del 1900 vennero completamente sterminati mentre le popolazioni dell’Appennino Centrale subirono una forte contrazione fino al secondo dopoguerra. In considerazione di ciò è possibile ipotizzare che gli attuali cinghiali dell’arco Alpino sarebbero tutti di provenienza Oltralpe (Francia ad Ovest e Slovenia Est) e distribuiti sul nostro territorio per dispersione attiva in tempi recenti. Mentre l’immissione della sottospecie Sus scrofa attila operata capillarmente in tutta Italia ai fini venatori, a partire dagli anni 60 del novecento e ancora oggi è irregolarmente praticata, ha permesso ai soggetti originariamente importati dall’Est Europa, di espandersi in maniera considerevole in tutta la nazione tanto da affermare che a questa sottospecie appartengono la grande maggioranza degli individui presenti in tutte le regioni italiane (Apollonio et al., 1988).
Il cinghiale è una specie particolarmente adattabile e, nel nostro paese, occupa ogni tipo di ambiente disponibile. Nella zona alpina può raggiungere oltre i limiti della vegetazione arborea. Le popolazioni autoctone occupano gli ambienti paludosi e di macchia mediterranea presenti nelle aree protette della maremma tosco-laziale, ambienti analoghi ma più asciutti della Sardegna e i boschi di latifoglie dell’Italia meridionale (Apollonio, 2003). Allo stato attuale non è possibile quantificare in maniera soddisfacente la presenza del cinghiale sul territorio italiano. L’incompletezza del dato è dovuta ad una serie di fattori che caratterizzano la gestione dell’ungulato selvatico tra i quali quelli di maggiore importanza sono rappresentati dai censimenti e dai prelievi venatori.
I censimenti effettuati dagli organi ufficiali di gestione faunistica risultano disomogenei tra regione e regione e tra provincia e provincia, per lo più sommari ed imprecisi, non costanti negli anni e nelle stagioni all’interno dell’anno.
I prelievi venatori effettuati annualmente dalle squadre autorizzate a livello provinciale o sub-provinciale, determinano continue variazioni tra le fasce di età e tra i sessi con una importante influenza sulle strutture di popolazione cui i cacciatori tentano di porre rimedio con ripopolamenti praticati a stagione venatoria chiusa.
Relazione Dott.ssa Angela Amato. (Disponibile per consulenze professionali)

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