giovedì 24 gennaio 2013

Limiti posti letto Agriturismi Toscana

Date le numerose mails ricevute su un aspetto molto importante per gli agriturismi in Toscana, oggi ci preme sottolineare che gli agriturismi non hanno più limiti di posti letto, imposti a priori, se non quelli derivanti dalla principalità dell’attività agricola:
Infatti a seguito della sostituzione dell’articolo 12 della l.r. 30/2003 con il seguente “Art. 12 Ospitalità in camere e unità abitative indipendenti" le nuove disposizioni prevedono che:
1. L’attività di ospitalità è svolta negli immobili di cui all’articolo 17 in camere o in unità abitative o utilizzando entrambe le soluzioni, nei limiti massimi derivanti dalla principalità dell’attività agricola e nel rispetto dei requisiti igienico-sanitari.
2. Nelle camere adibite al pernottamento, comprese quelle poste in unità abitative indipendenti, su espressa richiesta dell’ospite, può essere adottata la sistemazione temporanea di un letto supplementare per l’alloggio di bambini di età non superiore a dodici anni, fermo restando il rispetto dei requisiti igienico-sanitari. Al momento della partenza dell’ospite tale utilizzazione cessa e si ristabiliscono i posti letto previsti. I letti aggiunti non sono conteggiati ai fini della determinazione del limite massimo dei posti letto derivanti dalla principalità dell’attività agricola.”.

venerdì 18 gennaio 2013

Agriturismi Toscana: PSR aziende agricole

•Misura n.112 Insediamento di giovani agricoltori Finalità Favorire l’insediamento di giovani che intendono intraprendere l’attività agricola; favorire il ricambio generazionale Beneficiari I giovani di età fra 18 e 40 anni che intendono insediarsi per la prima volta come inprenditori agricoli professionali IAP •Misura n.114 Utilizzo dei servizi di consulenza Finalità Aiuto agli imprenditori agricoli e forestali per l’acquisizione di servizi di consulenza tecnica. Beneficiari Imprenditori agricoli ai sensi del Codice civile, detentori di aree forestali •Misura n.121 Ammodernamento delle aziende agricole Finalità miglioramento del rendimento economico; Miglioramento della qualità delle produzioni; Miglioramento ambientale; Beneficiari Imprenditori agricoli professionali (IAP) singoli o associati •Misura n.122 Accrescimento del valore economico delle foreste Finalità Accrescimento economico mediante la creazione o miglioramento delle infrastrutture di servizio, miglioramento delle condizioni delle superfici forestali, ottimizzazione della gestione delle risorse forestali. •Misura n.123 a Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli Finalità Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli primari. Il sostegno è concesso agli investimenti volti a migliorare il rendimento economico; la qualità delle produzioni; l’ambientale;la sicurezza dell’impresa. Beneficiari imprese singole o associate operante nel settore della trasformazione e/o commercializzazione ce occupano meno di 750 persone o il cui fatturato annuo non superi i 200 milioni di euro •Misura n. 123 b Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti forestali. Finalità Incremento dell’efficienza e rafforzamento della competitività delle imprese del settore forestale impegnate nell’utilizzo dei soprassuoli boschivi e la raccolta dei prodotti secondari del bosco, nonché la loro trasformazione e commercializzazione. Beneficiari Microimprese, singole o associate, operanti nella trasformazione e/o commercializzazione dei prodotti di cui sopra •Misura n.125 Infrastrutture connesse allo sviluppo e dell’adeguamento dell’agricoltura e della silvicoltura Finalità Miglioramento e potenziamento delle infrastrutture a servizio delle unità produttive agricole e forestali: -Rifacimento della viabilità poderale -Potenziamento, adeguamento e miglioramento della viabilità forestale interaziendale, -Realizzazione e miglioramento delle infrastrutture per adduzione acqua potabile e per uso irriguo interaziendale Beneficiari Consorzi o associazione di privati, Comuni o altri Enti pubblici e loro associazioni Misura 132 Partecipazione degli agricoltori ai sistemi di qualità alimentare Finalità Incentivazione alla partecipazione degli agricoltori ai sistemi di qualità alimentare Beneficiari Imprenditori agricoli professionali (IAP) singoli o associati Misura n. 226 Ricostruzione del potenziale forestale e interventi preventivi Finalità Migliorare la funzionalità degli ecosistemi forestali e garantire l’incolumità tramite la prevenzione degli incendi, calamità naturali,e distruzione dei boschi. Beneficiari IAP, imprese forestali, regione toscana,province, comunità montane, comuni, enti gestori dei parchi, aziende regionali, consorzi di bonifica. •Misura n. 227 Investimenti non produttivi in ambito forestale Finalità Miglioramento, tutela e valorizzazione delle foreste, al fine di potenziare la biodiveristà, la conservazione degli ecosistemi forestali anche di grande pregio. Beneficiari IAP, imprese forestali, regione toscana,province, comunità montane, comuni, e altri enti pubblici. •Misura n. 311 Diversificazione in attività non agricole

martedì 15 gennaio 2013

DESCRIZIONE ASSI PSR 2007/2013 TOSCANA

ASSE 1 MIGLIORAMENTO DELLA COMPETITIVITA’ DEL SETTORE AGRICOLO E FORESTALE Obiettivo: accrescere la competitività delle aziende agroforestali con misure destinate a favorire lo sviluppo, l’ammodernamento e l’innovazione delle stesse. ASSE 2 MIGLIORAMENTO DELL’AMBIENTE E DELLO SPAZIO RURALE Obiettivo: proteggere e rafforzare le risorse naturali, preservare le attività agricole e dei sistemi forestali ad elevata valenza naturale e a basso impatto ambientale nonché del paesaggio delle zone rurali. ASSE 3 QUALITA’ DELLA VITA NELLE ZONE RURALI E DIVERSIFICAZIONE DELL’ECONOMIA RURALE Obiettivo: sostenere le popolazioni rurali e creare opportunità occupazionali e di reddito in aree rurali ASSE 1 MIGLIORAMENTO DELLA COMPETITIVITA’ DEL SETTORE AGRICOLO E FORESTALE •Misura n. 112 Insediamento di giovani agricoltori •Misura n. 114 Utilizzo dei servizi di consulenza •Misura n. 121 Ammodernamento aziende agricole •Misura n. 122 Accrescimento del valore economico delle foreste •Misura n. 123a Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli •Misura n. 123b Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti forestali •Misura n. 125 Infrastrutture connesse allo sviluppo e dell’adeguamento dell’agricoltura e della silvicoltura •Misura n. 132 Partecipazione degli agricoltori ai sistemi di qualità alimentare ASSE 2 - MIGLIORAMENTO DELL’AMBIENTE E DELLO SPAZIO RURALE • Misura n. 214 Pagamenti agroambientali • Misura n. 216 Investimenti non produttivi • Misura n. 226 Ricostruzione del potenziale forestale e interventi preventivi • Misura n. 227 Investimenti non produttivi in ambito forestale ASSE 3 - QUALITA’ DELLA VITA NELLE ZONE RURALI E DIVERSIFICAZIONE DELL’ ECONOMIA RURALE

mercoledì 9 gennaio 2013

COS' E’ IL PSR (PROGRAMMA DI SVILUPPO RURALE)

Il Programma di Sviluppo Rurale (PSR) è uno strumento dettato dall’Unione Europea che mira ad incrementare la competitività del sistema produttivo agricolo ed a dare un ruolo ed una identità alle aree rurali, promuovendone la tutela e la valorizzazione dell’ambiente attraverso una corretta gestione del territorio. PSR 2007-2013 : GLI ASSI DI INTEVENTO •Asse 1 - Miglioramento della competitività del settore agricolo e Forestale •Asse 2 - Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale •Asse 3 - Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione

giovedì 3 gennaio 2013

Produzione di vino in Toscana -Medioevo-2parte

Nel caso di vigne condotte in locazione il coltivatore era tenuto a preavvisare il proprietario dell’avvio delle operazioni sì che lo stesso, personalmente o avvalendosi di un incaricato (nuntius), potesse verificare l’entità della produzione e il buon andamento dei lavori. Data l’importanza che la pratica viticola spesso assumeva, le operazioni della vendemmia finivano col coinvolgere, sia in ambito cittadino che rurale, larga parte delle popolazioni; per rendere possibile l’utilizzo di tutta la manodopera ed evitare ogni intralcio allo svolgimento dei lavori veniva sospesa, nella circostanza, l’attività ordinaria del tribunale civile; La raccolta poteva essere effettuata a mano o con il ricorso a piccole roncole, coltelli e forbici; depositata in ceste o canestri di vimini, talora in gerle o mastelli di legno (ciberi), l’uva era successivamente riversata nei tini o nelle vasche utilizzate per la pigiatura. Al fine e di ridurre le spese necessarie a dotarsi delle vasche e di sottrarre il minor spazio possibile alle viti, ci si risolveva non di rado a dividere fra vicini o eredi l’uso degli impianti di vinificazione; poteva così accadere che compravendite di aziende agricole e locazioni di vigne avessero per oggetto una quota, talora anche molto ridotta, delle vasche; La scelta di procedere o meno alla vinificazione entro la vigna doveva dipendere essenzialmente dalla distanza della stessa dalla dimora padronale e dalla disponibilità presso quest’ultima di locali sufficientemente ampi; in presenza di proprietà articolate poteva, altresì, prevalere l’esigenza di concentrare le operazioni in un unico luogo. Quando la pigiatura non avvenisse nell’ambito della vigna, ci si avvaleva per il trasporto dell’uva di carri (plaustra) sui quali trovavano posto recipienti di vario tipo (tina, carraria, eccetera) o di asini che venivano caricati con ‘bigonce da soma’. Le uve erano pigiate sia con i piedi che con ammostatoi: bastoni che si allargavano in fondo a forma di clava o terminavano a forcella ed erano utilizzati specialmente per la pigiatura in recipienti piccoli; in presenza di tini di particolare altezza, ci si introduceva negli stessi ricorrendo a scale o impalcature. Lasciato a fermentare nei tini per periodi di durata variabile, dai 12 ai 19 giorni, il prodotto era successivamente travasato nelle botti per mezzo di secchi, mastelli e grandi imbuti. Da aggiungere che, facendo riposare le vinacce (solitamente non torchiate) nell’acqua si otteneva l’acquerello (acquatum,acquarellum, pusca, eccetera): un vinello leggero (o, più propriamente, un ‘mezzo vino’) destinato al consumo dei meno abbienti ma che, servito fresco, poteva trovare in estate un più generale gradimento; le vinacce potevano essere più volte utilizzate allo scopo, ottenendosi via via un prodotto a gradazione alcolica decrescente. Pratica piuttosto usuale era pure quella di versare sui resti della svinatura il vino scadente o non ben conservato che una rifermentazione poteva rendere nuovamente bevibile; da tale procedimento si ricavava quello che le fonti tardomedievali indicano come vino ‘acconciato’. I vitigni di cui si ha menzione nelle carte toscane del Quattrocento: lo Zeppolino è fra quelli che danno vino rosso, il Trebbiano, la Vernaccia fra quelli che producono bianco. Particolarmente apprezzate erano le varietà di uva da cui poteva ricavarsi vino dolce; secondo la trattatistica agronomica tardomedievale (ma il dato trova sostanziale conferma anche nei testi cinque-seicenteschi) erano, infatti, i vini giovani e di sapore dolce ad essere particolarmente ambiti. L’invecchiamento, anche se limitato a un anno, metteva a repentaglio le caratteristiche di vini che faticavano sovente ad arrivare integri fino all’estate; non è un caso che molti trattatisti si misurassero con il problema di ringiovanire il prodotto e che il vino vecchio fosse per solito venduto a prezzi inferiori rispetto al nuovo. Quanto al sapore dolce, lo si ricercava, oltre che con la scelta dei vitigni, affidandosi ad elaborate ricette o particolari accorgimenti nella vinificazione; un consiglio dispensato a più riprese è quello di ammucchiare per terra l’uva raccolta tenendovela per alcuni giorni prima di passare alla pigiatura. I moscatelli come pure le vernacce e i trebbiani riscuotevano nell’Italia tardomedievale i più unanimi consensi;

martedì 1 gennaio 2013

Produzione di vino in Toscana -Medioevo-1parte

PRODUZIONE VINO


La ripresa delle attività mercantili e artigianali e il connesso incremento delle popolazioni urbane diedero luogo nell’Italia dei secoli dopo il Mille ad un forte sviluppo della pratica viticola.
Protagonisti della nuova espansione furono i ceti cittadini di formazione più recente, provvisti più degli
altri di capitali da investire nella terra e ben decisi nel perseguire la più ampia disponibilità di vino come «uno dei segni più tangibili della propria ascesa sociale.
Per Firenze, nella prima metà del Trecento, l’ipotesi di un consumo annuo per abitante di circa 260 / 270 litri, per Siena, Bologna, l’area veneta e lombarda si è potuto motivatamente proporre, con riferimento al medioevo tardo, un consumo medio pro capite superiore ad un litro al giorno.
A comprendere le ragioni del fenomeno gioverà aver presente che il vino – generalmente di bassa gradazione alcolica – era la sola bevanda corroborante di cui all’epoca si disponesse e a cui potesse farsi ricorso nei momenti della socializzazione e dell’aggregazione ludica.
Con l’affermazione della mezzadria poderale venne introdotto in buona parte del territorio del centro Italia quel sistema della coltivazione promiscua che negli ampi spazi tra un filare e l’altro consentiva la semina di cereali e leguminose ed affidava, perlopiù, ad alberi la funzione di supporto delle viti.
Non tutta la produzione della vigna era destinata alla vinificazione; sia pure in quantità modesta, l’uva era consumata anche fresca o passa; una piccola parte era poi raccolta ai fini della confezione dell’agresto: un condimento che si otteneva aggiungendo sale al succo dell’uva acerba.
A fronte dell’impiego nella vinificazione tutto ciò risultava, comunque, di ben scarso significato. La vendemmia richiedeva, come noto, lavori preparatori che riguardavano essenzialmente la manutenzione dei vasi vinari: si bagnavano, ripulivano e riparavano i tini da pigiatura (tinae) e gli altri recipienti utilizzati per la fermentazione del mosto e la conservazione dei vini  si procedeva a sostituire doghe vecchie e cerchi che non assicuravano una perfetta tenuta, si eliminavano eventuali muffe disinfettando con acqua salata, gesso e altri materiali, si rinforzavano infine i cavalletti sui quali poggiavano le botti ad evitare il contatto con il suolo umido.
Per la fabbricazione dei recipienti si impiegava legname ben stagionato e della miglior qualità, perlopiù di castagno e di rovere, talora anche di abete e di noce. Compatto, leggero ed elastico, il legno di rovere e di castagno era particolarmente indicato per le botti di maggiore capacità; all’abete, al larice e al noce, più pesante, si ricorreva soprattutto per i recipienti più piccoli, spesso utilizzati per la conservazione dei vini forti e di maggior pregio. I cerchi (circuli) erano ricavati da virgulti di castagno e di salice debitamente tenuti in ammollo;
si poteva ricorrere, comunque, anche al legno di betulla, nocciolo, noce e abete; in qualche contesto la fabbricazione era affidata ad artigiani specializzati, i cerquarii. La legatura dei cerchi si effettuava perlopiù con i vimini. Trova riscontro anche l’uso di cerchi di ferro più sicuri, ma più costosi. Ad evitare perdite e infiltrazioni, sostanze e materiali diversi erano applicati nei punti di connessione fra le tavole: dalla colla di farina di grano, alla pece, al sego.  I fondi di tini e botti potevano essere rinforzati da un asse disposto trasversalmente; nella parte centrale dei recipienti un’apertura circolare (cocchiume), incorniciata talora da un portello di forma quadrata, consentiva l’immissione del vino. La fabbricazione e la riparazione dei recipienti erano affidate a manodopera specializzata (i ‘maestri bottai’), talora anche a carpentieri; 

La raccolta dell’uva poteva avviarsi generalmente solo dopo la data fissata dallo statuto della comunità o, comunque, dopo il bando emesso dalle autorità locali: ciò garantiva un più agevole controllo pubblico sulle operazioni e, dunque, un più regolare andamento delle stesse, scoraggiava i furti, impediva raccolte intempestive (che potevano essere determinate dalla mancanza di vino come dalla paura della grandine o di altri danneggiamenti) e disciplinava la vendita di vino novello.