lunedì 29 aprile 2013

Prelazione agraria: chiarimenti

Il diritto di prelazione agraria nasce con lo scopo di favorire: •la ricomposizione fondiaria (prelazione del confinante),
•la tutela dell’integrità dell’azienda agricola (prelazione del partecipante),
•il mantenimento all’interno della famiglia del patrimonio aziendale (prelazione del coerede),
•la continuazione dell’impresa agricola già stabilita sul fondo (prelazione dell’affittuario).

Il diritto di prelazione per l'acquisto dei terreni condotti in affitto o confinanti è riservato ai coltivatori diretti o alle società agricole di persone, ma solo se almeno la metà dei soci è in possesso della qualifica di coltivatore diretto o IAP. Ricordiamo in ogni caso per per aver diritto ad esercitare il diritto di prelazione agraria occorrono sia per l'affittuario che per il confinante almeno 2 anni di contributi INPS e per l'affittuario è necessario che il contratto di locazione sia in essere almeno da due anni, NON aver VENDUTO nel biennio precedente fondi di estensione compresa tra uno e i tre ettari, in base alla località e alla classe catastale, per un frutteto o vigneto.
Rimangono in ogni caso escluse dal diritto di prelazione tutte le società di capitale. Il confinante ha diritto di prelazione agraria purchè sul fondo posto in vendita non ci sia l’affittuario e purchè non ci siano strade che dividano i due fondi.
Fra tutte queste prelazioni esiste una GERARCHIA: la prelazione del partecipe all' impresa familiare prevale su quella del coerede, che a sua volta prevale su quella dell’affittuario, e quest’ultima prevale su quella del confinante. Qualora l’affittuario rinunci, la prelazione non passa al confinante e quindi il fondo risulta libero da qualsiasi prelazione.
Esercizio del DIRITTO di PRELAZIONE: tale diritto deve essere esercitato entro 30 gg. dal ricevimento del compromesso o verbale di aggiudicazione (in caso d’asta) attraverso l’invio di una raccomandata AR. , anche se la norma permette una comunicazione verbale, tale modalità per ovvi motivi è da sconsigliare; L’accettazione non deve essere condizionata, è sufficiente comunicare l’accettazione del compromesso così com’è, senza l’aggiunta di nessuna clausola, anche se migliorativa per il venditore, pena la perdita del diritto.

giovedì 25 aprile 2013

Agriturismo Toscana: Le cose importanti della vita

Oggi voglio postare questa immagine con un aneddoto che racchiude in poche parole le grande priorità della vita. Spero che vi piaccia. Attendo tanti commenti. A presto.

domenica 21 aprile 2013

Colluttorio naturale fatto in casa

Oggi posteremo una antico colluttorio usato da mio nonno e prima ancora dal mio bis-nonno. Come tutti sanno dopo i pasti il ph della bocca si abbassa e può favorire un ottimo ambiente di sviluppo per i batteri della bocca che attaccano il cibo presente fra i denti, e quindi anche il dente stesso e le gengive. Per ovviare questo oltre che spazzolare bene i denti è opportuno utilizzare un colluttorio naturale, sia perchè almeno sappiamo di non introdurre nella nostra bocca sostanze chimiche, sia perchè 3 volte meno caro del colluttorio tradizionale. Per la preparazione useremo: mezzo bicchiere di aceto bianco e mezzo bicchiere di acqua, per chi soffre di gengive infiammate o alitosi è consigliabile inserire due goccie di olio essenziale di salvia e due di eucalipto (al posto dell'olio essenziale è possibile inserire le foglie delle rispettive piante, bollirle e filtrarle). Bastano 50 secondi e l'igiene e garantita. Suggeriamo sempre di sentire il parere del proprio dentista per accertarsi della validà di questo semplice colluttorio. Ciao a tutti e bocca sana per sempre.

domenica 7 aprile 2013

Strategie di riduzione dei danni del cinghiale

Strategie di riduzione dei danni

Situazione attuale, censimento e monitoraggio

Se consideriamo un arco temporale che parte dalla fine del secondo conflitto mondiale ad oggi, è possibile osservare una forte espansione, numerica e spaziale, delle popolazioni di cinghiale (Sus scrofa) in tutta l’Europa centrale e occidentale (Melis et al., 2006; Moretti, 1995; Neet, 1995; Baubet, 1998; Marsan et al., 1995; Boitani et al., 1995; Mazzoni della Stella et al., 1995; Onida et al., 1995; Peracino e Bassano 1995; Gethöffer et al., 2007; Sodeikat e Pohlmeyer, 2002; Acevedo et al., 2006; Saenz de Buruaga et al., 1991; Herrero et al., 1995; Nores et al., 1995; Fruzinski, 1995; Csányi 1995). Le ragioni della crescita della popolazione non sono acclarate e definitive ma si possono ricondurre alla scarsità o all'assenza di predatori naturali come il lupo (Canis lupus) (Mattioli et al. 1995) e la lince (Lynx lynx) (Nores et al. Op. Cit.), ai profondi cambiamenti del paesaggio che, in Italia come in tutta Europa sono da ascrivere alla intensificazione delle pratiche agricole ed in particolare alla monocoltura del mais su grandi superfici (Fruzinski op. cit.); all'abbandono della zootecnia tradizionale che ha reso disponibili risorse trofiche prima precluse al cinghiale dal pascolo gestito (Saenz de Buruaga et al. op. cit., Nores et al. op. cit.) ed in fine, come ad esempio in Italia, il cinghiale ha beneficiato del rimboschimento delle zone collinari e montane a seguito dell’abbandono da parte dell’agricoltura di numerose zone di collina e di montagna.
Inevitabilmente, l'aumento incontrollato delle popolazioni del suide ha provocato numerosi motivi di conflittualità con l’uomo ed in particolare si è reso responsabile di un aumento dei danni alle colture (Macchi et al., 1995; Onida et al., op. cit., Schley e Roper, 2003). Il cinghiale è una specie onnivora, il cui regime alimentare di solito consiste in frutti di bosco come ghiande, faggiole, nocciole e castagne, bacche, radici, tuberi, bulbi, larve di insetti, lombrichi e altri invertebrati e piccoli vertebrati come anfibi, rettili, roditori e uccelli o anche carogne (Genov, 1981; Dardaillon, 1987; Onida et al. op. cit.; Groot e Bruinderink Hazebroek, 1994; Fournier-Chambrillon et al., 1995; Asahi, 1995; Baubet et al., 2003; Gómez et al., 2003; Schley e Roper op. cit.). La specie completa la sua dieta, tra le altre cose, con mais, vari cereali, e uva (Schley e Roper op. cit.; Onida et al. op. cit.) e provoca danni a prati e pascoli con il grufolamento rivoltando la terra in cerca di invertebrati del suolo (Gallo Orsi et al., 1995; Onida et al. op. cit.; Baubet et al. op. cit.), entrando in conflitto con le attività antropiche. La gestione della fauna selvatica deve essere basata sulla conoscenza dei parametri di popolazione come il numero degli effettivi e la loro struttura demografica (Andrzejewski e Jezierski, 1978; Geisser e Reyer, 2005; Genov et al., 1994; Gethoffer et al., 2007; Mitchell et al., 2007; Sabrina et al., 2009; Miller et al., 1997; Waithman et al., 1999; Sweitzer e Van Vuren, 2002). La stima della consistenza del cinghiale è spesso basata sui dati cinegetici. Questi metodi sono però molto imprecisi e hanno dimostrato che spesso non possono correttamente stimare le dimensioni di un popolazione (Monaco et al., 2003).
Come in altri paesi europei, anche in Italia negli ultimi decenni il cinghiale (Sus scrofa) ha notevolmente ampliato il proprio areale, dimostrando una grande adattabilità alle condizioni ecologiche più varie. Tra gli Ungulati italiani esso riveste un ruolo del tutto peculiare, sia per alcune intrinseche caratteristiche biologiche (si pensi ad esempio ai tassi potenziali di accrescimento delle popolazioni), sia perché è indubbiamente la specie più manipolata e quella che desta maggiori preoccupazioni per l’impatto negativo esercitato nei confronti di importanti attività economiche. L’evoluzione dell’areale distributivo del cinghiale nel nostro Paese è stata caratterizzata da un andamento sorprendente, tanto per l’ampiezza dei nuovi territori conquistati quanto per la rapidità con cui il fenomeno si è verificato. Nel giro di circa trenta anni, infatti, l’areale si è più che quintuplicato, interessando interi settori geografici ove il cinghiale mancava da molti decenni, se non da secoli, creando di conseguenza un crescente interesse venatorio per la specie, ma una condizione nuova e difficilmente controllabile, in particolar modo nelle aree intensamente sfruttate dal punto di vista agricolo dove l’effetto negativo si è concretizzato in un progressivo aumento dei danneggiamenti alle colture. L’impreparazione tecnico-politica, ha aggravato in maniera considerevole il fenomeno poiché, principalmente tra gli anni ’70 e 80 del novecento, non si è stati in grado di dare la giusta importanza al fenomeno dell’espansione demografica dell’ungulato. Un’approssimativa stima quanti-qualitativa delle popolazioni colonizzatrici, un’inadeguata applicazione delle politiche di gestione (ripopolamenti e reintroduzioni, sia in aree venabili sia in aree protette) e l’assenza di strategie di lungo respiro, non richieste dalle spinte settoriali che di volta in volta si sono manifestate, hanno prodotto nel corso del tempo un fenomeno indesiderato causato dagli animali selvatici che, ben adattatisi a tutti gli ambienti, hanno acuito il conflitto di interessi, tra cacciatori, agricoltori, ambientalisti e politici. La storica massiccia presenza del cinghiale in Europa e l’impatto ad esso riconosciuto sulle coltivazioni agrarie ha stimolato numerose esperienze di ricerca applicata sul territorio in numerosi Paesi occidentali. I diversi studi hanno dimostrato che, nelle aree ad agricoltura intensiva o negli ambienti agro-silvo-pastorali, laddove vi è presenza del cinghiale esiste una costante pressione sulle attività produttive che molti definiscono fisiologica. I risultati indicano chiaramente quindi che, invece di prefiggersi un’improbabile eliminazione dei danni, sarebbe piuttosto necessario minimizzarli e delineare strategie territoriali specifiche finalizzate al raggiungimento di un punto di equilibrio tra le esigenze antropico-sociali e quelle delle popolazioni animali selvatiche. Come da tempo anche da noi segnalato (Esposito, 1998) i danni provocati dal cinghiale non dovrebbero essere un semplice strumento di distribuzione di fondi alle popolazioni residenti, ma dovrebbero essere considerati dal mondo agricolo come una componente intrinseca degli agroecosistemi con cui è necessario convivere. Raggiungere però l’equilibrio conflittuale non è cosa facile, in particolare nei paesi a forte industrializzazione e indice di urbanizzazione. In queste condizioni è sempre più necessario individuare strategie gestionali complesse che mirino alla riduzione dei danni e all’accettazione del prelievo fisiologico. Qualunque strategia deve essere strutturata su di un processo metodologico ordinato e costante basato sulla raccolta dei dati (storici e attuali) relativi alle differenti aree interessate dai danneggiamenti accertati (sia in aree protette che ffuori), oggetto di prelievo venatorio o di gestione conservazionistica.
La gestione di una specie e della popolazione insistente in un determinato territorio non può prescindere dalle interazioni che questa instaura con l’intera biocenosi presente nello stesso ambiente, incluso l’uomo e le attività ad esso connesse. Prima di proporre qualsisia azione gestionale indirizzata al controllo di una specie, è indispensabile effettuare uno studio preliminare, storico ed attuale, teso a descrivere lo stato della popolazione cui si fa riferimento definendo la sua dimensione, la sua distribuzione e la sua struttura. Quanto affermato è valido, in linea teorica, per tutti gli esseri viventi e può essere applicata anche ad una popolazione di cinghiale. I metodi di stima dei parametri di popolazione diversificano tra di loro in funzione della specie e degli ambienti che li ospitano, così l’efficacia massima del metodo e della tecnica scelti dipendono dalle diverse caratteristiche ambientali (diversa copertura del suolo, tipo di ecosistema e di habitat) valutate nella loro intera complessità in funzione di ciò che si vuole indagare (Massei & Toso, 1993):
– Nelle aree di pianura o in aree con scarsa copertura forestale viene preferito il conteggio delle orme degli animali (foto 46 e 47). Tale tecnica, che non permette di stabilire il sesso e quindi la sex ratio della popolazione, fornisce informazioni poco dettagliate e deve essere effettuata o su terreni innevati (il giorno successivo alla nevicata) oppure su terreno soffice dopo una pioggia.
– Nelle aree fittamente boscate ma con buona presenza di radure è possibile utilizzare il metodo del conteggio diretto degli animali. Con il conteggio diretto è possibile effettuare una buona stima quantiqualitativa degli individui che compongono le popolazioni con la possibilità anche di censire i verri adulti che frequentano saltuariamente le aree di osservazione. La conta può essere effettuata da postazioni sopraelevate (figura 1, altane) situate in radure con buona visibilità e nelle quali siano stati predisposti siti di foraggiamento (governe) per attirare gli animali.
– Nei boschi fitti ed estesi l’unica tecnica possibile è quella della battute su aree campione. Il sistema per battuta ha la necessità di essere effettuato utilizzando un gran numero di uomini e cani e gli viene riconosciuto il merito di identificare le popolazioni segregate o già note all’interno di aree circoscritte.
La regolarità della raccolta dei dati e il confronto degli stessi costituiscono un operazione nota come monitoraggio. La validità del monitoraggio dipende dalla continuità della raccolta dei dati che rende possibile il confronto tra i diversi anni e le diverse stagioni, aspetto fondamentale per ottenere informazioni vicine alla realtà e condiziona le scelte gestionali da adottare. La costruzione delle serie storiche costituiscono una base indispensabile per evidenziare le tendenze evolutive dell’impatto della specie sulle risorse naturali e coltivate. Per la raccolta dei dati è necessario approntare una scheda completa ed accurata che includa i dati relativi a tutti gli eventi di danno precisamente localizzati avvalendosi del metodo di georeferenziazione (rilievo delle coordinate geografiche mediante un GPS). Il costante controllo della distribuzione geografica e dell’entità dell’impatto provocato dal cinghiale costituisce un aspetto essenziale per approntare una strategia di gestione finalizzata alla riduzione del conflitto tra l’uomo e l’animale. La conoscenza accurata del fenomeno “danno” permette, infatti, di effettuare interventi mirati di prevenzione e, se abbinata al monitoraggio delle dinamiche di popolazione, consente di definire le densità-obiettivo compatibili con le attività agricole.