giovedì 3 gennaio 2013

Produzione di vino in Toscana -Medioevo-2parte

Nel caso di vigne condotte in locazione il coltivatore era tenuto a preavvisare il proprietario dell’avvio delle operazioni sì che lo stesso, personalmente o avvalendosi di un incaricato (nuntius), potesse verificare l’entità della produzione e il buon andamento dei lavori. Data l’importanza che la pratica viticola spesso assumeva, le operazioni della vendemmia finivano col coinvolgere, sia in ambito cittadino che rurale, larga parte delle popolazioni; per rendere possibile l’utilizzo di tutta la manodopera ed evitare ogni intralcio allo svolgimento dei lavori veniva sospesa, nella circostanza, l’attività ordinaria del tribunale civile; La raccolta poteva essere effettuata a mano o con il ricorso a piccole roncole, coltelli e forbici; depositata in ceste o canestri di vimini, talora in gerle o mastelli di legno (ciberi), l’uva era successivamente riversata nei tini o nelle vasche utilizzate per la pigiatura. Al fine e di ridurre le spese necessarie a dotarsi delle vasche e di sottrarre il minor spazio possibile alle viti, ci si risolveva non di rado a dividere fra vicini o eredi l’uso degli impianti di vinificazione; poteva così accadere che compravendite di aziende agricole e locazioni di vigne avessero per oggetto una quota, talora anche molto ridotta, delle vasche; La scelta di procedere o meno alla vinificazione entro la vigna doveva dipendere essenzialmente dalla distanza della stessa dalla dimora padronale e dalla disponibilità presso quest’ultima di locali sufficientemente ampi; in presenza di proprietà articolate poteva, altresì, prevalere l’esigenza di concentrare le operazioni in un unico luogo. Quando la pigiatura non avvenisse nell’ambito della vigna, ci si avvaleva per il trasporto dell’uva di carri (plaustra) sui quali trovavano posto recipienti di vario tipo (tina, carraria, eccetera) o di asini che venivano caricati con ‘bigonce da soma’. Le uve erano pigiate sia con i piedi che con ammostatoi: bastoni che si allargavano in fondo a forma di clava o terminavano a forcella ed erano utilizzati specialmente per la pigiatura in recipienti piccoli; in presenza di tini di particolare altezza, ci si introduceva negli stessi ricorrendo a scale o impalcature. Lasciato a fermentare nei tini per periodi di durata variabile, dai 12 ai 19 giorni, il prodotto era successivamente travasato nelle botti per mezzo di secchi, mastelli e grandi imbuti. Da aggiungere che, facendo riposare le vinacce (solitamente non torchiate) nell’acqua si otteneva l’acquerello (acquatum,acquarellum, pusca, eccetera): un vinello leggero (o, più propriamente, un ‘mezzo vino’) destinato al consumo dei meno abbienti ma che, servito fresco, poteva trovare in estate un più generale gradimento; le vinacce potevano essere più volte utilizzate allo scopo, ottenendosi via via un prodotto a gradazione alcolica decrescente. Pratica piuttosto usuale era pure quella di versare sui resti della svinatura il vino scadente o non ben conservato che una rifermentazione poteva rendere nuovamente bevibile; da tale procedimento si ricavava quello che le fonti tardomedievali indicano come vino ‘acconciato’. I vitigni di cui si ha menzione nelle carte toscane del Quattrocento: lo Zeppolino è fra quelli che danno vino rosso, il Trebbiano, la Vernaccia fra quelli che producono bianco. Particolarmente apprezzate erano le varietà di uva da cui poteva ricavarsi vino dolce; secondo la trattatistica agronomica tardomedievale (ma il dato trova sostanziale conferma anche nei testi cinque-seicenteschi) erano, infatti, i vini giovani e di sapore dolce ad essere particolarmente ambiti. L’invecchiamento, anche se limitato a un anno, metteva a repentaglio le caratteristiche di vini che faticavano sovente ad arrivare integri fino all’estate; non è un caso che molti trattatisti si misurassero con il problema di ringiovanire il prodotto e che il vino vecchio fosse per solito venduto a prezzi inferiori rispetto al nuovo. Quanto al sapore dolce, lo si ricercava, oltre che con la scelta dei vitigni, affidandosi ad elaborate ricette o particolari accorgimenti nella vinificazione; un consiglio dispensato a più riprese è quello di ammucchiare per terra l’uva raccolta tenendovela per alcuni giorni prima di passare alla pigiatura. I moscatelli come pure le vernacce e i trebbiani riscuotevano nell’Italia tardomedievale i più unanimi consensi;

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